Caritas Veritatis

L'amore della Verità cerca l'ozio santo (Sant'Agostino)… blog di riflessioni, pensieri e condivisioni cristiane..


XXVII domenica del T.O./C: Riscoprire l’in-ulilità

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,5-10)

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Commento

Il capitolo 17 del Vangelo di Luca raccoglie una serie di insegnamenti di Gesù rivolti ai discepoli. Dopo aver parlato dello scandalo e della necessità del perdono fraterno, il racconto si apre con una domanda che gli apostoli rivolgono al Maestro: “Accresci in noi la fede!”. È un’invocazione che mostra la consapevolezza della loro fragilità di fronte alle grandi esigenze del Maestro, ma anche la coscienza che senza la fede non si può vivere il Vangelo in pienezza. Questa domanda ci interpella da vicino: che cosa chiediamo noi nella preghiera? Non di rado, la nostra supplica si riduce a un elenco di necessità materiali, pur legittime, ma che restano spesso alla superficie, senza toccare il cuore del nostro essere cristiani. Raramente chiediamo la grazia più importante: crescere nella fede, cioè nell’amicizia con il Signore, nel lasciarci trasformare da Lui. Gesù risponde agli apostoli in modo sorprendente. Non dice: “Vi darò più fede”, ma li conduce a capire che la fede non si misura in quantità, ma in qualità. Anche un seme minuscolo, come quello di senape, il più piccolo di tutti, è capace di generare un grande albero e racchiude in sé una forza enorme. Così la fede: se è vera, se poggia su Dio, permette di compiere l’impossibile, persino sradicare un gelso e piantarlo nel mare! Senza dubbio si tratta di un’immagine iperbolica, ma rimanda a un messaggio chiaro: nulla è impossibile a Dio per chi si affida a Lui. Questa certezza risuona in altri brani evangelici: “Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37); “Tutto è possibile a chi crede” (Mc 9,23). Gesù, tuttavia, non si ferma alla fede. Subito dopo tocca un altro elemento fondamentale della vita del discepolo: il cristiano non è solo colui che crede, ma colui che serve. Il Maestro fa riferimento al servo che, dopo una giornata di lavoro, non rivendica diritti, ma continua a fare quanto gli è chiesto. Sembrerebbe un’immagine dura, ma Gesù desidera insegnare la vera umiltà del discepolo. Gesù, servo per eccellenza, ci ha mostrato che il cuore della vita cristiana è un servizio reso per amore, non per guadagnare meriti. Maria stessa, chiamata da Dio ad una speciale vocazione, quella di diventare le Madre del Salvatore, si è definita “la serva del Signore” (Lc 1,38). La Chiesa stessa chiama “servi di Dio” coloro per i quali si intraprende ufficialmente il processo per il riconoscimento della santità. È chiaro dunque che il servizio è una dimensione sostanziale della vita cristiana. L’espressione di Gesù: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”, potrebbe suscitare una certa perplessità. Andando in profondità ci rendiamo conto che “inutili” non significa senza valore, ma senza pretese. Il bene che compiamo non ci mette mai in credito con Dio. È solo risposta gratuita al suo amore. È un bene che non va calcolato secondo la logica dell’utile o del guadagno, ma vissuto nella logica della gratuità. In un mondo che va sempre di fretta, in cerca di risultati immediati e quantificabili, tentando anche di trasformare la vita della Chiesa in una continua ricerca di risultati, il Vangelo ci ricorda che è fondamentale superare l’utile e vivere l’amore, sempre. Oltre la tentazione di calcolare tutto in termini di profitto, successo e rendimento, la Parola di oggi ci provoca a riscoprire l’“inutilità” evangelica: fare il bene non perché conviene, ma perché è bene, e perché in esso si riflette il volto stesso di Dio. Così la fede si fa vita e il servizio diventa testimonianza di pura gratuità.

Bene-dire (a cura di Mons. Francesco Diano)

Ripartire da Dio vuol dire sapere che noi non lo vediamo, ma lo crediamo e lo cerchiamo così come la notte cerca l’aurora. Vuol dunque dire vivere per sé e contagiare altri dell’inquietudine santa di una ricerca senza sosta del volto nascosto del Padre. Come Paolo fece coi Galati e coi Romani, così anche noi dobbiamo denunciare ai nostri contemporanei la miopia del contentarsi di tutto ciò che è meno di Dio, di tutto quanto può divenire idolo. Dio è più grande del nostro cuore, Dio sta oltre la notte. Egli è nel silenzio che ci turba davanti alla morte e alla fine di ogni grandezza umana; Egli è nel bisogno di giustizia e di amore che ci portiamo dentro; Egli è il Mistero santo che viene incontro alla nostalgia del Totalmente Altro, nostalgia di perfetta e consumata giustizia, di riconciliazione e di pace. Come il credente Manzoni, anche noi dobbiamo lasciarci interrogare da ogni dolore: dallo scandalo della violenza che sembra vittoriosa, dalle atrocità dell’odio e delle guerre, dalla fatica di credere nell’Amore quando tutto sembra contraddirlo. Dio è un fuoco divorante, che si fa piccolo per lasciarsi afferrare e toccare da noi. Portando Gesù in mezzo a voi, non ho potuto non pensare a questa umiliazione, a questa “contrazione” di Dio, come la chiamavano i Padri della Chiesa, a questa debolezza. Essa si fa risposta alle nostre domande non nella misura della grandezza e della potenza di questo mondo, ma nella piccolezza, nell’umiltà, nella compagnia umile e pellegrinante del nostro soffrire (C.M. MARTINI, Incontro al Signore risorto, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2009, 66).

Preghiera

Signore, fa di me ciò che vuoi!
Non cerco di sapere in anticipo i tuoi disegni su di me,
voglio ciò che Tu vuoi per me.
Non dico: Dovunque andrai, io ti seguirò!
perché sono debole,
ma mi dono a Te perché sia Tu a condurmi.
Voglio seguirTi nell’oscurità,
non Ti chiedo che la forza necessaria.
O Signore, fa ch’io porti ogni cosa davanti a Te,
e cerchi ciò che a Te piace in ogni mia decisione
e la benedizione su tutte le mie azioni.
Come una meridiana non indica l’ora se non con il sole,
così io voglio essere orientato da Te,
Tu vuoi guidarmi e servirTi di me.
Così sia, Signore Gesù!
(John Henry Newman)



Una replica a “XXVII domenica del T.O./C: Riscoprire l’in-ulilità”

  1. “Non dice: “Vi darò più fede”, ma li conduce a capire che la fede non si misura in quantità, ma in qualità…osì la fede: se è vera, se poggia su Dio, permette di compiere l’impossibile”Grazie don Luciano che ci aiuti ad aumentare la qualità della nostra fede- Samy

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