Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2, 22.39-40)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Commento
La domenica che cade fra l’ottava di Natale coincide con la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. In questa ricorrenza la Chiesa ci invita a contemplare l’icona della famiglia di Nazareth, non come qualcosa di disincarnato, ideale o irraggiungibile, ma come il primo vivaio di umanità e di fede in cui è cresciuto il Verbo fatto carne, il Figlio di Dio. Non è,dunque, un elemento secondario rispetto al mistero dell’Incarnazione, ma ne è la naturale conseguenza. Dio si fa uomo nel grembo di una vera donna, la Vergine Maria, che ha concepito per opera dello Spirito Santo. Giuseppe, suo promesso sposo, ha ricevuto una speciale chiamata: essere il custode fedele del Figlio e della Madre. Dall’amore vero e casto di Giuseppe e Maria, in cui si è inserito il dono divino del Figlio, fiorisce l’esperienza della Santa Famiglia. Facendosi uomo in Cristo, Dio ha risanato l’esperienza dell’amore umano, guarendolo da ogni tensione all’egoismo, all’uso dell’altro e alla ricerca sfrenata del piacere. Oggi, nella liquidità che caratterizza le relazioni umane, l’icona della Santa Famiglia stride profondamente con la situazione di fatto che vivono tanti nostri fratelli e sorelle. Prendere sul serio il Vangelo anche in queste circostanze significa ribadire ancora una volta il “Vangelo della famiglia”, che si staglia sulla scelta del Figlio di Dio, di assumere la nostra carne e di crescere in una vera famiglia umana. Dalla pagina evangelica di oggi si coglie come l’esperienza familiare liberi dall’egoismo, conduca a quella fondamentale uscita da se stessi che permette di centrarsi su Dio e sugli altri, prima che sul proprio benessere individuale. Obbedendo alla legge, ossia riconoscendo il primato di Dio, Maria e Giuseppe hanno presentato Gesù al tempio. Imparare l’amore nella famiglia, significa inserirsi in un progetto più ampio, fatto di gioie e dolori, di vittorie e sconfitte, ma nella consapevolezza che siamo chiamati a camminare insieme. Anche la Santa Famiglia ha dovuto affrontare la persecuzione, i disagi, le difficoltà, eppure tutto è stato affrontato insieme. L’amore casto, sincero e generoso della famiglia, è il luogo in cui il Figlio cresceva e si fortificava. Quanta fragilità si sperimenta oggi nel mondo, specialmente tra le nuove generazioni, cresciute senza punti di riferimento solidi. Venute meno la forza trainante della famiglia e la mediazione della coppia cristiana nel progetto educativo per i figli, l’esperienza della paternità e della maternità, per quanto sempre arricchente e generosa, viene inesorabilmente privata di quell’ambiente pensato da Dio nel suo disegno originario, come vivaio di vita e di fede, in cui ciascuno possa crescere serenamente come Cristo, in sapienza e grazia. Chiediamo insistentemente al Signore, in questa festa della famiglia, di suscitare numerose e sante vocazioni al matrimonio e alla famiglia, perché il progetto di Dio sull’umanità e sul mondo trionfi sulle resistenze dell’individualismo e dell’edonismo.
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