
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 15, 26-27; 16, 12-15)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Commento
Già in Israele, secondo la prescrizione del capitolo 34 del libro dell’Esodo, sette settimane dopo la Pasqua, ossia nel cinquantesimo giorno (da cui il termine di origine greca pentekostes, “cinquantesimo”), si celebrava la “festa delle settimane” per ringraziare Dio dei doni del raccolto ed offrire le primizie della mietitura del frumento. Con la distruzione del Tempio la connotazione agricola di questa festa venne meno e ci si concentrò maggiormente sugli eventi della storia di Israele, ossia il ringraziamento per il dono della Legge e dell’Alleanza. Con la Pasqua di Gesù, nella quale tutte le antiche profezie giungono a compimento, anche i significati di questa festa si sono rinnovati e sono stati trasfigurati. Gli Atti degli Apostoli al capitolo 2 descrivono cosa accadde nella festa di Pentecoste dopo la risurrezione di Gesù. I discepoli si trovavano nello stesso luogo ed irruppe su di essi il dono dello Spirito, promesso da Gesù, già prima della sua Pasqua. Come vento impetuoso lo Spirito entra nel cuore della Chiesa, consacrandola per la missione di testimoniare Cristo fino ai confini della terra. Come il ministero pubblico del Signore era iniziato con la manifestazione dello Spirito in forma di colomba nella teofania del battesimo al Giordano, così ora il ministero della Chiesa inizia allo stesso modo con l’effusione dello Spirito. Esso genera un rinnovamento dei cuori, dona coraggio e costanza nel testimoniare Cristo e realizza quella nuova Alleanza promessa già dagli antichi profeti: “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme” (Ez 36, 26-27). La Pentecoste diventa nello Spirito la festa della vera Alleanza: Dio entra nel cuore dell’uomo, per cambiarlo, per renderlo partecipe dei frutti della redenzione operata da Gesù. La legge non è più una semplice indicazione di condotta esterna all’uomo a cui aderire, ma viene impressa nel profondo del cuore dell’uomo. La pienezza della legge è ormai l’Amore! Nella pagina del Vangelo, tratta dai capitoli 15 e 16 del Vangelo secondo Giovanni, dai cosiddetti “discorsi di addio” pronunciati da Gesù la sera prima della sua passione come un testamento spirituale, il Maestro promette il dono dello Spirito. I suoi discepoli, quindi tutti noi, potranno veramente diventare “nuovi”, solo grazie all’azione di questo Dono del Padre. Solo l’irruzione del divino può cambiare la storia e il cuore umano: l’uomo da se stesso non ha questa capacità! Egli può decidersi se aprirsi oppure rifiutare questa azione della grazia. Lo Spirito divino, rappresentato con diverse immagini nelle Scritture, come vento, come fuoco, come colomba, come sigillo, come fonte di acqua viva, sfugge l’umana comprensione: è l’Amore che lega il Padre e il Figlio, così intenso da essere una Persona viva! L’uomo non può comprenderlo come semplice oggetto di umana conoscenza, ma può soltanto lasciarsi toccare da esso e trasformare, come quel roveto ardente dell’Esodo che arde senza consumarsi. Così avviene per l’uomo che si lascia riempire da Lui: arde di amore per Dio e per i fratelli, spargendo luce, calore e purezza. Lo Spirito è Paraclito, ossia Avvocato, difensore contro gli attacchi del maligno e del peccato e ci rende degni del Padre. Ci insegna la Verità, non come concetto astratto, ma come esperienza esistenziale della nostra amicizia con Gesù. Mediante questa azione misteriosa la nostra vita viene condotta su un piano superiore, quello della “vita spirituale”, che non nega nulla della nostra umanità, ma la inserisce nel cuore di Dio. Esso opera in noi una trasformazione graduale, ma effettiva, che ci permette pian piano di “portare il peso” degli insegnamenti di Gesù, che diventano chiari e connaturali alla nostra vita. Questo cammino di trasformazione del cuore ci fa diventare veramente “persone spirituali”, non nel senso di disincarnate e distratte dalla vera vita umana, ma capaci di leggere dentro le cose nella luce di Dio, di interpretare la storia e le circostanze della vita nel quadro più grande della volontà di Dio. Ogni giorno, nella nostra preghiera, dovremmo chiedere insistentemente al Padre il dono dello Spirito, per crescere nell’amicizia con Lui e assumere questo sguardo “spirituale” e rinnovato su noi stessi e sulla realtà.

Bene-dire (a cura di don Francesco Diano)
È il 14 luglio. Tutti si apprestano a danzare. Dappertutto il mondo, dopo anni dopo mesi, danza. Ondate di guerra, ondate di ballo. C’è proprio molto rumore. La gente seria è a letto. I religiosi dicono il mattutino di sant’Enrico, re. Ed io, penso all’altro re. Al re David che danzava davanti all’Arca. Perché se ci sono molti santi che non amano danzare, ce ne sono molti altri che hanno avuto bisogno di danzare, tanto erano felici di vivere: Santa Teresa con le sue nacchere, San Giovanni della Croce con un Bambino Gesù tra le braccia e San Francesco, davanti al Papa. Se noi fossimo contenti di te, Signore, non potremmo resistere a questo bisogno di danzare che irrompe nel mondo, e indovineremmo facilmente quale danza ti piace farci danzare facendo i passi che la tua Provvidenza ha segnato. Perché io penso che tu forse ne abbia abbastanza della gente che, sempre, parla di servirti col piglio da condottiero, di conoscerti con aria da professore, di raggiungerti con regole sportive, di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato. Un giorno in cui avevi un po’ voglia d’altro hai inventato san Francesco, e ne hai fatto il tuo giullare. Lascia che noi inventiamo qualcosa per essere gente allegra che danza la propria vita con te. (…) Per essere un buon danzatore, con Te come con tutti, non occorre sapere dove la danza conduce. Basta seguire, essere gioioso, essere leggero e soprattutto non essere rigido. Non occorre chiederti spiegazioni sui passi che ti piace fare. Bisogna essere come un prolungamento, vivo ed agile, di te. E ricevere da te la trasmissione del ritmo che l’orchestra scandisce. (…) Ma noi dimentichiamo la musica del tuo Spirito, e facciamo della nostra vita un esercizio di ginnastica; dimentichiamo che fra le tue braccia la vita è danza, che la tua Santa Volontà è di una inconcepibile fantasia, e che non c’è monotonia e noia se non per le anime vecchie, che fanno tappezzeria nel ballo gioioso del tuo amore. Signore, vieni a invitarci. (…) Se certe arie sono spesso in minore, non ti diremo che sono tristi; se altre ci fanno un poco ansimare, non ti diremo che sono logoranti. E se qualcuno ci urta, la prenderemo in ridere; sapendo bene che questo capita sempre quando si danza. Signore, insegnaci il posto che tiene, nel romanzo eterno avviato fra te e noi, il ballo singolare della nostra obbedienza. Rivelaci la grande orchestra dei tuoi disegni; in essa quel che tu permetti da suoni strani nella serenità di quel che tu vuoi. Insegnaci a indossare ogni giorno la nostra condizione umana come un vestito da ballo che ci farà amare da te, tutti i suoi dettagli come indispensabili gioielli. Facci vivere la nostra vita, non come un gioco di scacchi dove tutto è calcolato, non come un match dove tutto è difficile, non come un teorema rompicapo, ma come una festa senza fine in cui l’incontro con te si rinnova, come un ballo, come una danza, fra le braccia della tua grazia, nella musica universale dell’amore. Signore, vieni a invitarci! (MADELEINE DELBRÊL, La danza dell’obbedienza, in Noi delle strade, Torino, Gribaudi, 1988, 86-89).
Preghiera
Spirito Santo,
eterno Amore,
che sei dolce Luce
che mi inondi
e rischiari la notte del mio cuore;
Tu ci guidi qual mano di una mamma;
ma se Tu ci lasci
non più d’un passo solo avanzeremo!
Tu sei lo spazio che l’essere mio circonda
e in cui si cela.
Se m’abbandoni
cado nell’abisso del nulla,
da dove all’esser mi chiamasti.
Tu a me vicino più di me stessa,
più intimo dell’intimo mio.
Eppur nessun Ti tocca
o Ti comprende
e d’ogni nome infrangi le catene.
Spirito Santo, eterno Amore.
(S. Teresa Benedetta della Croce)
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