Caritas Veritatis

L'amore della Verità cerca l'ozio santo (Sant'Agostino)… blog di riflessioni, pensieri e condivisioni cristiane..


XIV domenica del T.O./B: Gesù, uno di noi

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 6,1-6)

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Commento
La caratteristica unica della fede cristiana, che la distingue da altre esperienze religiose, è la centralità di questo Dio che si fa piccolo, decide di entrare a far parte delle cose ordinarie della vita, mediante il mistero dell’Incarnazione. L’immagine di un Dio maestoso, potente, capace di prodigi e opere immense, è comune a varie esperienze religiose. L’essere contenuto in ciò che è più piccolo, invece, è la maggiore manifestazione della potenza del Dio di Gesù Cristo. Dai tempi del suo ministro pubblico, fino ai giorni nostri, è proprio questa verità a scandalizzare maggiormente l’uomo. Fu motivo di scandalo per chi conosceva Gesù fin dall’infanzia, per chi aveva familiarità con il suo clan e il suo ambiente, tanto da non poter accettare che da quell’essere “uno di loro” potesse venir
fuori un insegnamento, una sapienza e la forza di prodigi così potenti. Dopo la fede dell’emorroissa e del capo della sinagoga Giairo, il Vangelo ci presenta la cruda realtà dell’a-pistía, la mancanza di fede, che diventa l’ostacolo insormontabile per l’azione del Maestro. Chi non si fida e non si affida a Gesù, ma è bloccato dal pregiudizio e dalla durezza del proprio cuore, non permette al Figlio di Dio di agire con frutto. Lui stesso si meraviglia di fronte a questa cecità spirituale, ma avendo scelto la logica della proposta libera al cuore dell’uomo, non può far molto di fronte al rifiuto, se non riconoscerlo e andare oltre, annunciando il Vangelo ad altri con il cuore più aperto. Riflettiamo oggi sulla nostra familiarità con Gesù: siamo forse noi battezzati, discepoli di questa epoca, a non stupirci più di fronte a Lui, presi dalle distrazioni e in continua ricerca di sensazioni nuove e straordinarie? Cerchiamo di tornare all’essenziale di ciò che è umano, alla trasparenza delle nostre relazioni familiari, all’impegno silenzioso e costante del lavoro quotidiano, al contatto armonioso con la terra. È proprio lì che incontreremo Dio, nella realtà semplice dell’ordinario, piuttosto che in ciò che fa rumore, attrae l’attenzione e luccica, invece di illuminare.

Bene-dire (a cura di Mons. Francesco Diano)

«La conoscenza dell’altro non può essere fossilizzata e ingessata: l’identità di una persona è in divenire, e conoscere significa essere aperto al novum,
alla sorpresa. Soprattutto quando si tratta di conoscere quel mister inesauribile che è una persona. Nei confronti di Gesù la pur indiscutibile conoscenza delle sue origini conduce i suoi concittadini a non cogliere la sua identità profonda: essi lo omologano a loro stessi, lo riducono alla loro
misura e alla loro statura. Ma l’altro è sempre più grande della conoscenza che ne abbiamo. La conoscenza che gli abitanti di Nazaret hanno di Gesù diviene inciampo, trappola, “scandalo” che impedisce la fecondità dell’incontro: “Si scandalizzavano di lui”. Questo scandalo, per cui Gesù appare come sapiente misconosciuto (Mc 6,2), come profeta disprezzato (Mc 6,5) e come medico ridotto all’impotenza (Mc 6,5), non riguarda però solo i contemporanei di Gesù, ma trova una sua rinnovata versione anche riguardo alla conoscenza di Gesù oggi. E in profondità svela la difficoltà a credere radicalmente e autenticamente il vangelo, perché solo confessando Gesù quale Signore lo si incontra anche come medico, sapiente e profeta. Medico ridotto all’impotenza. Se la fede viene ridotta a strumento di soddisfazione del bisogno umano, essa può conoscere una deriva tecnicistica e taumaturgica che la piega alla misura del destinatario il quale non compie più il movimento salvifico di apertura al mistero di Dio in Cristo. Allora la guarigione non è più segno di una salvezza escatologica, ma la salvezza diviene metafora di guarigione, essendo questa l’unica cosa sentita come importante. È la fede ridotta a farmaco, a psicoterapia o addirittura a magia. Profeta disprezzato. La parola profetica è disprezzata quando viene usata da un’ideologia, asservita a interessi di parte. Se Gesù parla di disprezzo del profeta nella sua patria, oggi la parola profetica è disprezzata e privata dalla sua valenza escatologica se non si asservisce alla patria, se non accetta di servire da collante nazionale, se non si fa distributore di valori etici. Se non si piega ancillarmente a una parola penultima. Sapiente misconosciuto. Ovvero la riduzione del sapere dell’altro al mio sapere. L’intolleranza verso una sapienza altra è l’intolleranza verso la legittima e necessaria pluralità di sapienze, di ermeneutiche del reale, di sensi cercati e assegnati al vivere. La sapienza che è Gesù il Signore non si identifica con una filosofia o cultura, ma è realtà transculturale che orienta l’umano. Come Gesù è stato ridotto all’impotenza da coloro che affermavano di conoscerlo meglio, così la fede può oggi essere resa insignificante proprio da coloro che pretendono di farsene paladini e difensori, ma in realtà la riducono alle proprie visioni del mondo e non accettano di lasciarsene mettere in discussione» (Luciano Manicardi).

Preghiera

Signore, donami la forza di aiutare tutti quelli che attingono alla linfa delle beatitudini
per spezzare l’assurda logica e l’infernale spirale della violenza!
Quant’è difficile essere profeta della pace!
Se alzo il dito verso un futuro gonfio di speranze,
i realisti mi trattano da idealista;
e se lo abbasso sul presente affranto da sconfitte,
gli utopisti mi tacciano di disfattismo.
Signore, donami il coraggio
di accettare solo da te la rude vocazione di profeta
e di essere ogni volta un perdente tra gli uomini!
Quant’è difficile essere pedagogo della pace!
In mezzo alle tortuosità di un cammino scosceso,
come far capire che un male minore,
anche se tollerato,
rimane un male
e che bisogna far di tutto
per allontanarsi dall’orlo dell’abisso
in cui a ogni istante l’umanità rischia di precipitare?
Signore, donami l’abilità di spiegare chiaramente
che la pace non è così semplice come se l’immagina il cuore,
ma è più semplice di come stabilisce la ragione!
Quant’è difficile accogliere l’evangelo della pace!
Da qualunque parte ci si trovi,
all’ovest come all’est.
In una giungla di belve con missili per dentatura,
come far capire che perdere l’anima
è ancora più pericoloso che lasciarci la pelle?
Signore, donami la forza di aiutare
tutti quelli che attingono alla linfa delle beatitudini
per spezzare l’assurda logica
e l’infernale spirale della violenza!
Signore, tutti questi tiri incrociati sulla pace
non mi fanno paura, non mi scoraggiano.
Al contrario, mi rivelano
che il minimo strappo alla tunica della pace
fa gridare l’uomo.
Toccare la pace
è più che toccare un problema,
e ancor più che toccare l’uomo:
è toccare Dio,
colui che san Paolo ci presenta
come la pace stessa “È lui la nostra pace” (Ef 2,14).
Signore, insegnaci a vincere la pace!

(Cardinale R. Etchegaray, La pace, dono e profezia,

Qiqajon, Bose 1991, pp. 195-196)






Una replica a “XIV domenica del T.O./B: Gesù, uno di noi”

  1. “Cerchiamo di tornare all’essenziale di ciò che è umano, alla trasparenza delle nostre relazioni familiari, all’impegno silenzioso e costante del lavoro quotidiano, al contatto armonioso con la terra.”

    Grazie don Luciano che ci aiuti ad incontrare Dio, nella realtà semplice dell’ordinario.

    – Samy

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a samye71 Cancella risposta