Caritas Veritatis

L'amore della Verità cerca l'ozio santo (Sant'Agostino)… blog di riflessioni, pensieri e condivisioni cristiane..


XXVII domenica del T.O./B: il Vangelo dell’amore umano

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10,2-12)

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Commento

La Parola di Dio viene incontro all’uomo concreto, che vive la sua vita reale, fatta di successi e di sconfitte, di salute e di malattia, di fisiologia e di patologia, di grazia e di peccato, presentando con estrema essenzialità il progetto di Dio sull’uomo, sulla vita e sulla storia. I farisei portano a Gesù una grossa “patata bollente”, il tema del divorzio, possibile secondo la Legge di Mosè. Lo fanno per metterlo alla prova, per vedere su che linea degli infiniti dibattiti delle scuole rabbiniche egli si ponga. La concessione di Mosè, infatti, si basava su Dt 24,1, in cui si dice: “Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa”. A seconda dell’interpretazione di quel “qualche cosa di vergognoso”, che secondo alcuni era solo l’adulterio (come nella scuola più restrittiva di Rabbi Shammai), oppure per altri poteva persino essere una minestra scotta o la noia di vedere ogni giorno lo stesso naso (scuola più liberale del Rabbi Hillel), si giocavano le motivazioni della consegna del libello di divorzio. Gesu spiega chiaramente che si tratta di concessioni “al ribasso” date da Mosè per evitare mali peggiori e dovute alla sklerokardia, la durezza del cuore. Rimuovendo la polvere dall’affresco e mostrando luminosamente il vero disegno divino, iscritto da Dio nell’opera della creazione, Gesù cita il capitolo 2 della Genesi, passando dal piano della Legge a quello precedente e più profondo della creazione, confermandolo e trasfigurandolo. L’antropologia biblica è chiara: Dio li fece maschio e femmina, tutto ciò che mette in discussione tali elementi non è divino e non è iscritto nella logica della creazione. Nella complementarietà reciproca dei due generi si scorge lo splendore dell’umano, creato a immagine e somiglianza di Dio. Si inserisce lì la vocazione al matrimonio tra uomo e donna, mediante il quale donandosi e accogliendosi reciprocamente, in corpo ed anima, essi diventano una sola carne, creando quel vincolo indissolubile, che solo la morte può sciogliere. Non hanno bisogno di spiegazioni le parole del Maestro: “l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. Dopo il dono e l’accoglienza reciproca, fatta davanti a Dio, mediante un consenso libero e pieno, sugellato dall’unione anche fisica dei coniugi, nessun potere umano ha facoltà di separare questi due esseri che si sono fatti uno. Detto questo, con estrema trasparenza, ne consegue che ogni altra relazione che sorga oltre o al di fuori di questo vincolo santo, è imperfetta e non secondo la volontà di Dio. È una Parola forte ed esigente, che invita a volare alto, ad integrare il piano della natura in quello della grazia. Cristo ha elevato questa unione naturale tra l’uomo e la donna alla dignità di sacramento, ossia di segno visibile di una grazia invisibile, mediante il quale viene rappresentato in modo concreto e vivo il dono d’amore che Egli ha fatto sulla croce una volta per tutte, offrendo la sua vita. L’amore matrimoniale tra l’uomo e la donna è il segno dell’amore che Cristo nutre per la Chiesa e l’umanità, resosi concreto nel dono totale di sé fatto sulla croce. In altre parole, non c’è vero amore umano e coniugale, senza questa dimensione del dono della vita per l’altro, senza riserve, come Cristo per la Chiesa. Detto in questi termini, sorge la domanda: chi può farcela a vivere qualcosa di così alto e per sempre? Certamente da soli, senza la forza della grazia di Cristo, questo è assolutamente difficile, se non impossibile, proprio come lo è vivere fedelmente ogni altra vocazione nella Chiesa, quella sacerdotale, quella religiosa, missionaria etc. Con la grazia di Cristo, promettiamo fedeltà perpetua, stabilità nelle scelte, dono totale di noi stessi. Sappiamo pure, tuttavia, che la natura umana porta in sé una profonda fragilità, che si muove tra le pieghe della storia e per tale ragione, pur senza mai giocare al ribasso circa la verità del disegno divino, la Chiesa è sempre Madre amorevole e misericordiosa. In essa c’è posto per tutti: essa abbraccia sia quelli che docili alla grazia rispondono fedelmente al progetto di Dio, sia coloro che feriti e fragili, hanno bisogno della medicina della Misericordia e della comprensione amorevole, come quella che Gesù donò alla donna adultera (cfr. Gv 8,1-11).

Bene-dire (a cura di Mons. Francesco Diano)

Dio garante dell’indissolubilità

Il matrimonio è più del vostro amore reciproco, ha maggiore dignità e maggiore potere. Finché siete solo voi ad amarvi, il vostro sguardo si limita nel riquadro isolato della vostra coppia. Entrando nel matrimonio siete invece un anello della catena di generazioni che Dio fa andare e venire e chiama al suo regno. Nel vostro sentimento godete solo il cielo privato della vostra felicità. Nel matrimonio invece venite collocati attivamente nel mondo e ne diventate responsabili. Il sentimento del vostro amore appartiene a voi soli. Il matrimonio, invece, è una investitura, un ufficio. Per fare un re non basta che lui ne abbia voglia. Occorre che gli riconoscano l’incarico di regnare. Così non è la voglia di amarvi che vi stabilisce come strumento di vita. È il matrimonio che ve ne rende atti. Non è il vostro amore che sostiene il matrimonio. È il matrimonio che, d’ora in poi, porta sulle spalle il vostro amore. Dio vi unisce in matrimonio: non lo fate voi, è Dio che lo fa. Dio protegge la vostra unità indissolubile di fronte a ogni pericolo che la minaccia dall’interno e dall’esterno. Dio è il garante dell’indissolubilità. È una gioiosa certezza sapere che nessuna potenza terrena, nessuna tentazione, nessuna debolezza potranno sciogliere ciò che Dio ha unito (D. BONHOEFFER, Resistenza e resa, Queriniana, Brescia 2002).

Preghiera

Grazie, Signore
perché ci hai dato l’amore
capace di cambiare le cose.
Quando un uomo e una donna
diventano uno nel matrimonio
non appaiono più
come creature terrestri
ma sono l’immagine stessa di Dio.
Così uniti non hanno paura di niente
con la concordia, l’amore e la pace
l’uomo e la donna sono padroni
di tutte le bellezze del mondo.
Possono vivere tranquilli
protetti dal bene che si vogliono
secondo quanto Dio ha stabilito.
Grazie, Signore
per l’amore che ci hai regalato.
(S. Giovanni Crisostomo)



Una replica a “XXVII domenica del T.O./B: il Vangelo dell’amore umano”

  1. “È una Parola forte ed esigente, che invita a volare alto, ad integrare il piano della natura in quello della grazia… non c’è vero amore umano e coniugale, senza questa dimensione del dono della vita per l’altro, senza riserve, come Cristo per la Chiesa.”

    Grazie Don Luciano per questa saggezza con cui ci aiuti a insegnare l’importanza del matrimonio, dimostrando l’amore che Gesù ha per la Chiesa.
    – Samy

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