Caritas Veritatis

L'amore della Verità cerca l'ozio santo (Sant'Agostino)… blog di riflessioni, pensieri e condivisioni cristiane..


V domenica di Pasqua/C: La gloria nella tenebra

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-33a.34-35)

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Commento

Il brano evangelico di oggi, preso dal capitolo 13 di Giovanni, fa parte dei cosiddetti “discorsi di addio” di Gesù e si colloca dopo la lavanda dei piedi e l’annuncio del tradimento di Giuda, che esce nell’oscurità. Un’immagine tenebrosa, oscura, in cui le potenze del male sembrano prevalere e avere la meglio. La Parola di Gesù, tuttavia,  viene a portare un senso nuovo a tale dramma; è un po’ una porta di ingresso a qualcosa di nuovo e differente: quel momento drammatico non è il trionfo del male, ma  la glorificazione del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre. Ma come è possibile? È il compimento del paradosso dell’incarnazione: Dio e l’uomo, l’eterno e il tempo, si sono incontrati in Cristo. Ora – per quella stessa potenza – l’ora della morte di Cristo diventa glorificazione. La croce, strumento ignominioso di condanna e di sconfitta, diviene il trono glorioso della vita. Il Padre, nel mistero della Pasqua, è glorificato dal Figlio perché egli dà la vita per Lui, si offre a Lui. Il Padre, da parte sua, glorifica il Figlio, perché lo risuscita e lo innalza a sé nella gloria. Gesù, con le sue parole, ci svela per un attimo le profondità del cuore della Trinità, e lo fa nel momento più inaspettato, quando tutto sembra crollare con il tradimento e la morte. Ecco, allora, perché le tribolazioni possono essere strade per il Regno. Non perché la sofferenza sia positiva e desiderabile, ma perché Cristo l’ha resa tale e ha aperto una strada nuova. Il modo concreto per vivere tutto questo nella nostra vita umana e cristiana Gesù lo insegna come suo testamento finale: egli ci dona un comandamento nuovo. Come la legge di Mosè era dono per Israele, così lo è anche la nuova legge. Questo comandamento è nuovo perché non presenta solo l’amore verso Dio e verso il prossimo come sé stessi, alla maniera del Primo Testamento, ma ha una nuova misura: “come io vi ho amato” (Gv 13,34). Cristo, la pienezza della manifestazione dell’amore del Padre, ne è ora la misura. È un dono gratuito, perché infatti non ci chiede di riamare Lui, ma di amarci tra noi, come Lui ama e perché lui ama. È un amore universale, aperto a tutti, senza distinzioni. Nessuno è escluso da quella reciprocità degli uni e degli altri. Questo sarà il segno distintivo di riconoscimento per la comunità dei discepoli di Cristo. Non il potere, non il successo, non i profitti e gli utili, ma l’amore reciproco. Chiediamoci onestamente: È vero per me? Se gli altri guardano a noi, come singoli e come comunità, vedono questo amore? Facciamo la differenza in questo mondo per il nostro amore, o per altre ragioni umane?

Bene-dire (a cura di Mons. Francesco Diano)

Comincio a sperimentare che un amore di Dio totale e incondizionato rende possibile un amore del prossimo visibilissimo, sollecito e attento. Ciò che spesso io definisco “amore del prossimo” si dimostra troppo spesso un’attrazione sperimentale, parziale o provvisoria, di solito molto instabile e fuggevole. Ma se il mio obiettivo è l’amore di Dio, si può sviluppare anche un profondo amore per il prossimo. Altre due considerazioni possono spiegarlo meglio. Prima di tutto, nell’amore di Dio scopro “me stesso” in modo nuovo. In secondo luogo, non scopriremo solo noi stessi nella nostra individualità, ma scopriremo anche i nostri fratelli umani perché è la gloria stessa di Dio che si manifesta nel suo popolo in una ricca varietà di forme e di modi. L’unicità del prossimo non si riferisce a quelle qualità peculiari, irripetibili da individuo a individuo, ma al fatto che l’eterna bellezza e l’eterno amore di Dio divengono visibili in quelle creature umane uniche, insostituibili, finite. È precisamente nella preziosità dell’individuo che si rifrange l’amore eterno di Dio, diventando la base per una comunità d’amore. Se scopriremo la nostra stessa unicità nell’amore di Dio e se potremo affermare che possiamo essere amati perché l’amore di Dio dimora in noi, potremo allora arrivare agli altri, in cui scopriremo una nuova ed unica manifestazione dello stesso amore, entrando in intima comunione con loro (H.J.M. NOUWEN, Ho ascoltato il silenzio. Diario da un monastero trappista, Brescia, 1998, 82s.).

Preghiera

Quando l’amore ti chiama, seguilo,
anche se ha vie ripide e dure.
Quando dalle sue ali ne sarai avvolto,
abbandonati a lui;
anche se la sua lama potrà ferirti.
Quando ti parla, credigli,
anche se la sua voce potrà disperdere i tuoi sogni.
Perché più l’amore ti colpirà,
più tu maturerai.
Perché l’amore non deve dar nulla, se non se stesso,
né coglier nulla, se non da se stesso.
Perché amarsi l’un l’altro,
non è far dell’amore una prigione.
Perché l’amore non possiede, né deve essere posseduto.
Perché l’amore basta all’amore.



Una replica a “V domenica di Pasqua/C: La gloria nella tenebra”

  1. “È un amore universale, aperto a tutti, senza distinzioni. Nessuno è escluso da quella reciprocità degli uni e degli altri. Questo sarà il segno distintivo di riconoscimento per la comunità dei discepoli di Cristo. Non il potere, non il successo, non i profitti e gli utili, ma l’amore reciproco.”

    Grazie carissimo Luciano che ci aiuti ad amare uni gli altri così come Gesù ci ama.

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