Caritas Veritatis

L'amore della Verità cerca l'ozio santo (Sant'Agostino)… blog di riflessioni, pensieri e condivisioni cristiane..


II domenica di quaresima/B: Lo splendore del sacrificio

Dal vangelo secondo Marco (Mc 9,2-10)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Commento

L’episodio della trasfigurazione di Gesù risplende in questa seconda domenica di quaresima, donando un’iniezione di luce all’aspro percorso penitenziale. All’inizio della seconda parte del Vangelo di Marco, dopo il primo annuncio della passione, che non era piaciuto per niente al capo degli Apostoli debitamente richiamato all’ordine (Mc 8, 31-33), Gesù prende in disparte proprio Pietro, Giacomo e Giovanni, portandoli con sé in un luogo speciale, sulla sommità di un monte. Lì, proprio come era accaduto nell’episodio del battesimo al Giordano, Gesù si rivela nuovamente in un modo straordinario. Di fronte agli occhi stupiti dei suoi discepoli, rimuove per un momento il velo ordinario della sua umanità, perché si manifesti in pienezza lo splendore della sua natura divina. Il dettaglio del candore abbagliante delle vesti di Gesù, che Marco annota in modo così concreto, ci dice che questa rivelazione non ha nulla di terreno, ma è completamente divina. Entrano in scena, allora, due grandi protagonisti della Scrittura, Elia e Mosè, rappresentanti della Profezia e della Legge. Questi due personaggi hanno in comune il fatto di essere stati entrambi destinatari di teofanie divine nel Primo Testamento. Ora che tutto si compie in Cristo, diventano suoi interlocutori, come per passare definitivamente il testimone a Lui, che è la pienezza della rivelazione, il Dio-Uomo, il compimento della profezia e della legge! Pietro, con il suo modo di fare spesso “fuori luogo”, vorrebbe fermarsi in quell’esperienza di luce, ma la nube divina torna a velare, facendoli ritornare dalla visione all’ascolto. È la voce stessa del Padre, infatti, a dire loro che è Gesù il centro, il suo Figlio amato, da ascoltare e seguire, anche e soprattutto sulla strada difficile del sacrificio. Le parole del Padre sono un evidente richiamo a Genesi 22,2.12.16, l’episodio del sacrificio di Isacco: sarà proprio Gesù, sulla croce, il nuovo Isacco che si offrirà come olocausto purissimo, per la nostra salvezza. La trasfigurazione, dunque, vuole aiutarci a scorgere nella fede questo bagliore di luce che sgorga dal sacrificio di Gesù, aiutandoci a riconoscere la stessa luce ogni volta che facciamo esperienza dell’offerta al Padre, uccidendo il nostro Isacco e unendoci al sacrificio di Gesù. Che questa quaresima sia davvero per ciascuno di noi un’esperienza di fede, in cui possiamo riconoscere i primi bagliori della luce gloriosa di Cristo Risorto anche nelle pieghe oscure della sofferenza e delle lotte di ogni giorno, quando camminiamo l’irto sentiero della vita dalle valli lacrimose ai monti chiari del cielo.

Bene-dire (a cura di don Francesco Diano)

L’immagine tra luce e ombra

La nostra cultura sembra affascinata dalla rivelazione. Tutto deve essere svelato: la vita più intima e i sentimenti più profondi, ma anche i pensieri occasionali e le opinioni inverosimili. Si è inseguiti da mille documenti sulla privacy ma si è sempre più ossessionati dalla spettacolarizzazione della vita privata. La passione per la rivelazione è bene espressa nella insistenza sulla luce. Tutto deve venire alla luce, tutto deve essere illuminato, anche la notte. Se c’è un fenomeno emergente è proprio quello di una notte «bianca», sempre più illuminata. L’unico pudore rimasto sembra quello riservato agli interessi privati e poco puliti. Tutto il resto deve essere svelato e illuminato. Eppure un eccesso di luce impedisce agli occhi di vedere, non tanto perché si rimane accecati quanto perché non si scorgono più le ombre. […] Ma la luce e i riflettori non sono la stessa cosa. La luce crea le ombre consegnandoci a un gioco quasi infinito di sfumature, dove il visibile si alterna all’invisibile. I riflettori illuminano le ombre destinandole così a svanire, con la prepotenza di un visibile che ha cacciato l’invisibile. I media visivi o audiovisivi, nelle svariate forme della fotografia, del cinema, della televisione, proprio come i nostri stessi occhi, appartengono a questa ambiguità, potendosi affidare alla luce o ai riflettori. Chi li gestisce e li utilizza non dovrebbe mai dimenticare la contraddizione del riflettore che illumina le ombre, distruggendo così proprio ciò a cui è più interessato. Si è soliti definire la nostra come una società delle immagini. Ma l’immagine non è ciò che sta di fronte al riflettore. L’immagine non è quella che viene illuminata con strumenti tecnici più o meno sofisticati. È piuttosto essa a illuminare. La vera immagine non è illuminata ma illuminante, non è vista ma consente di vedere anche ciò che non cade direttamente sotto gli occhi o sotto i riflettori. L’immagine è la luce che sa farsi assente nell’ombra che proietta, nel buio che rispetta, nella notte che accoglie. Il pittore non illumina il quadro ma fa luce col quadro, affidandosi alle ombre. L’immagine è tra la luce e l’ombra. E la rivelazione di cui parlavamo sopra? La rivelazione non è la luce ma l’immagine, ossia è il gioco tra la luce e l’ombra. In ogni caso la rivelazione non è il riflettore. La notte di Betlemme ha accolto la Luce nel mondo. I riflettori dei potenti non se ne sono accorti, ma l’ombra degli umili ha visto la Luce. È venuto il momento della risurrezione, ma neppure quello è stato il tempo dei riflettori: solo l’ombra della fede ha visto la risurrezione, ossia la gloria di Dio. La religione è tutta in questa rivelazione fatta di immagini, concentrata su Colui che è veramente a immagine di Dio (G. Bonaccorso, Comunicare la speranza, in E. Affinati et al., Saper sperare.  Racconti e riflessioni sulla speranza, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2006, 123-125).

Preghiera

O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua Parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria. Ti preghiamo, Signore onnipotente e misericordioso, ristoro nella fatica, sostegno nella debolezza, conforto nel pianto, ascolta la preghiera che rivolgiamo a te: salvaci da ogni prova e turbamento, liberaci da ogni malattia e angustia dello spirito e donaci un sicuro rifugio nella tua misericordia. Per Cristo nostro Signore. ℞. Amen.



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