Caritas Veritatis

L'amore della Verità cerca l'ozio santo (Sant'Agostino)… blog di riflessioni, pensieri e condivisioni cristiane..


VIII domenica del T.O./C: Sanare le radici della vita

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6, 39-45)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto:non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

Commento

Nella pagina evangelica di questa domenica, tratta dall’ultima parte del cosiddetto “discorso della pianura” del 6° capitolo di Luca, Gesù sottolinea che il centro della vita dell’uomo è il cuore, non da intendersi come la semplice sede dei sentimenti – come spesso si ritiene – ma il sacrario più intimo del suo essere, la sede delle radici della vita, la parte più profonda di sé, dove nascono i pensieri, i desideri, i progetti. È lì che si decide per il bene o per il male, si vive il rapporto con Dio ed è lì, quindi, che tutto ha inizio. Nessuno può conoscere il cuore, se non Dio solo, come dice anche il Salmo 139: “Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta” (vv. 1-4). Questo primato del cuore è un aspetto fondamentale dell’insegnamento di Gesù, che lo ha spesso posto in contrasto con scribi e farisei, coloro che si soffermavano sulle forme, l’osservanza puramente esteriore della legge, senza badare alle radici dell’agire e del pensare umano. Verso questi Gesù usa parole forti, chiamandoli addirittura “sepolcri imbiancati”, eleganti e puliti all’esterno, ma all’interno pieni di morte e putridume. Questo movimento di interiorizzazione, già presente in Geremia ed Ezechiele, primi annunciatori di un’alleanza nuova, non più scritta su tavole di pietra, ma dentro i cuori degli uomini, trova nella parola di Gesù e nel suo mistero pasquale il pieno compimento. Il cristianesimo, dunque, non è una religione delle forme esteriori, di pura osservanza legale e rituale – come molti sono ancora portati a pensare – ma è prima di tutto un cammino di guarigione e conversione del cuore, ossia delle motivazioni più profonde del nostro dire ed agire, ad opera della grazia che Cristo ci dona in virtù della sua Pasqua. È questo il senso del parlare di Gesù, quando si riferisce al frutto, come prova della bontà dell’albero. Se l’albero del nostro cuore è sano, umile, orientato a Dio, i frutti della nostra vita, ossia le nostre parole, i nostri gesti, i nostri atteggiamenti, saranno buoni ed edificanti; al contrario, quando questo albero è malato, non ci si può aspettare alcun frutto buono e commestibile, ma soltanto amarezza e qualche volta persino veleno. Con molta sincerità chiediamoci: quali frutti genera la mia vita? Cosa diffondo attorno a me?Dolcezza, edificazione, consolazione, oppure amarezza, divisione, negatività e veleni di morte? Dopo aver estirpato con la grazia di Dio in una lotta costante le radici più grosse del peccato in noi, lavorare sulla guarigione del proprio cuore ci porta anche al passo successivo, quello di affinare la capacità di discernimento e di giudizio sulle situazioni, permettendo di aiutare anche i nostri fratelli e sorelle a trovare la strada giusta. In questa linea si colloca l’insegnamento del Maestro circa la cecità o la chiarezza di visione che ciascuno di noi ha nel proprio sguardo spirituale. Se non guardiamo seriamente e in prima istanza dentro di noi, con uno sguardo umile, onesto e veritiero, rischiamo addirittura di scusare grossi atteggiamenti sbagliati della nostra vita, che come travi ingombranti impediscono la chiarezza del nostro sguardo, presumendo di voler intervenire nel correggere la vita degli altri sin nelle più piccole imperfezioni. In continuità col messaggio di domenica scorsa, dunque, dove venivamo invitati ad essere misericordiosi, come è misericordioso il Padre celeste, così anche oggi Gesù ci invita ad essere sempre concentrati su di Lui in quell’atteggiamento umile, che permette di mantenere il cuore nella “santa inquietudine”, di chi si sente sempre peccatore, in cammino, bisognoso di conversione e mai all’altezza del suo modello, libero dalla presunzione di essere superiore al Maestro, ma aspirando con serietà e impegno a riprodurre nella propria esistenza i tratti del suo volto e del suo cuore.

Bene-dire (a cura di Mons. Francesco Diano)

Il Signore è luce, e questo sarà per noi un mezzo impareggiabile per un più intimo incontro con lui. Una cosa è sicura ed è che l’amore di Dio mette il nostro cuore a dura prova. Perché il nostro cuore diventi capace di questo amore, è necessario che sia incessantemente convertito da Cristo. Durante tale conversione, forse fino al temine della nostra vita, dovremo soffrire ora per grettezze, ora per parzialità, ora per errori del nostro amore. E tenero è il cuore capace di misericordia per tutti gli uomini, compresi noi stessi. La tenerezza ‘battezzata’ resta tenerezza e diventa misericordia. Gesù è interamente questa tenerezza: è la tenerezza per tutto ciò che è bello e buono, perché creazione di Dio; ma, ai tempi stesso, è misericordia, un cuore cioè che conosce la miseria degli splendori creati…, malati di peccato, devastati dal male. Bisogna che non si abbia mai da rimproverare a sé una fermezza che non sia come ‘raddoppiata da un vero calore del cuore e da un’esigente carità. Amiamoci gli uni gli altri nella nostra povertà, nei nostri limiti: essi sono il segno visibile delle misericordie di Dio su di noi. Questa è la fede in spirito e verità. Pensiamo che noi siamo tutti dei poveri e che il Signore ama i poveri, e che noi amiamo proprio lui nei poveri. Per essere vera, questa sensazione interiore della nostra miseria e della misericordia onnipotente, deve essere accompagnata dalla disposizione esteriore di persone che sono largamente perdonate, anche se, un giorno o l’altro, è loro chiesto di essere un pochettino dei ‘perdonanti’. È assumere davanti agli altri l’atteggiamento che assumiamo davanti a Dio. E ciò semplicemente perché noi non siamo altro tra di noi che un peccatore davanti ad altri peccatori, un perdonato in mezzo ad altri perdonati (M. Delbrél, Indivisibile amore, Casale Monferrato, 1994,100-102).

Preghiera

Grande è il tuo amore, o Dio!
Tu vuoi aver bisogno di uomini per farti conoscere agli uomini,
e così leghi la tua azione e la tua parola divine all’agire e al parlare di persone né perfette né migliori degli altri.
Grande è il tuo amore, o Dio!
Non hai timore della nostra fragilità e neppure del nostro peccato: l’hai fatto tuo, perché fosse nostra la tua vita che guarisce ogni male.
Grande è il tuo amore, o Dio!
Ancora rinnovi la tua alleanza grazie a chi tra noi spezza il Pane di vita,
a chi pronuncia le parole del perdono, a chi fa risuonare annunci di vangelo, a chi si fa servo dei fratelli,
testimoni del tuo amore infinito che rendono visibile il Regno.
Ti preghiamo, o Dio: fa’ che queste persone
non vengano mai meno!



Una replica a “VIII domenica del T.O./C: Sanare le radici della vita”

  1. “Il cristianesimo, dunque, non è una religione delle forme esteriori, di pura osservanza legale e rituale… ma è prima di tutto un cammino di guarigione e conversione del cuore, ossia delle motivazioni più profonde del nostro dire ed agire!”

    Grazie don Luciano per il tuo sostegno costante attraverso la Parola di Dio nel nostro cammino di guarigione e conversione del cuore.

    – Samy

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