L’uomo e la virtù: 6. Il dinamismo della Grazia

di don Alessio Corradino

rupnik spiritoUn senso di vuoto interiore domina la nostra cultura, abbiamo perduto le ragioni di vita e non abbiamo più sogni, consumando in fretta emozioni e storia. Eppure in tanti, questo vuoto esistenziale, torna a suscitare un intenso desiderio di nuova sapienza spirituale come inquietudine del cuore che cerca Dio. È questa la meta che dà un senso alle tappe e al cammino della nostra vita, altrimenti rischiamo di brancolare nel buio di una realtà incompiuta.

L’uomo, dunque, non si accontenta di un atteggiamento di supina rassegnazione, ma vive una continua ricerca. E in questo lavorio interiore si pone nella prospettiva faticosa, ma allo stesso tempo desiderabile, della felicità. Di fronte a tutto ciò, diventa quanto mai necessario uscire da sé e, nella prospettiva di fede, rincorrere il Cristo che ci ha afferrato (cfr. Fil 3,12). Ecco il senso della vita cristiana: scoprire che il centro di gravità della nostra persona è in Cristo Gesù e che solo l’amore può trasferire questo centro in DioAnche l’impotenza dell’uomo e la debolezza del peccato sono vinti dall’amore che Dio ha riversato nei nostri cuori (cfr. Rm 5,4). Infatti, come dice San Paolo: “Giustificati per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio” (Rm 5,1-2).

Ciò significa che l’uomo, creatura pensata e voluta da Dio a sua immagine e somiglianza, mentre fa esperienza della propria caducità, riconosce in sé quell’habitus divino che lo rende capace di Dio, non quindi per suo merito ma per grazia. Si! Per Grazia, cioè il favore, il soccorso gratuito che Dio ci dà perché rispondiamo al suo invito: diventare figli di Dio, figli adottivi, partecipi della natura divina, della vita eterna. La grazia è una partecipazione alla vita di Dio; ci introduce nell’intimità della vita trinitaria (CCC, 1997). E poi ancora: La grazia è innanzitutto e principalmente il dono dello Spirito che ci giustifica e ci santifica. Ma la grazia comprende anche i doni che lo Spirito ci concede per associarci alla sua opera, per renderci capaci di cooperare alla salvezza degli altri e alla crescita del corpo di Cristo, la Chiesa. Sono le grazie sacramentali, doni propri ai diversi sacramenti. Sono inoltre le grazie speciali chiamate anche carismi con il termine greco usato da san Paolo, che significa favore, dono gratuito, beneficio (CCC, 2003).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci sta ricordando che si approda e si progredisce nel cammino della vita secondo lo Spirito più per grazia che per propria conquista. La teologia distingue la Grazia gratis data o carisma la quale può essere permanente o transitoria ed è ordinata all’altrui santificazione e all’edificazione della Chiesa. La grazia attuale, transitoria, che illumina la mente e rafforza la volontà. La Grazia gratum faciens o grazia santificante, chiamata anche delle virtù e dei doni. È certo che l’universalità della Grazia è stata sempre viva nella coscienza cristiana: il Dio di Gesù Cristo è un Dio d’amore verso tutti gli uomini, salvatore di tutti gli uomini (cfr. 1Tm 4,10). La grazia deve essere considerata, dunque, come la volontà salvifica ed universale di Dio, rivelata nella persona di Cristo. Essa è innanzitutto un’azione e un modo di essere di Dio che si china sull’uomo peccatore chiamandolo a vivere in comunione con lui. Già con il sacramento del battesimo siamo chiamati a diventare figli nel Figlio in una comunione di vita con Cristo Signore nello Spirito Santo, e attraverso Cristo, con il Padre. E’ una chiamata rivolta a tutti gli uomini perché possano partecipare alla vita divina. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale (GS 22).

icona-russa-albero-della-vita.jpgNoi siamo pellegrini, viandanti e di conseguenza mai siamo completi del tutto, proprio perché sempre in cammino. Perciò il nostro impegno è quello di restare in movimento, senza fermarci, nonostante gli ostacoli che frenano il nostro progresso spirituale come il perfezionismo o la pretesa di giungere spediti alla meta. Ricordiamolo: per un buon itinerario spirituale bisogna essere pazienti e compassionevoli verso il proprio io in progresso, ma soprattutto aperti all’azione santificatrice di Dio che in Cristo ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio (Ef 1, 4-6).

Concludendo ricordiamo a noi stessi che l’uomo non è condannato alla perfezione, ma è chiamato alla santità, fondata e ricevuta in Gesù Cristo. La grazia trasforma l’uomo infondendogli un dinamismo nuovo e soprannaturale. Essa si manifesta mediante le virtù teologali: la vita spirituale, infatti, non è altro che vita di fede, di speranza e di carità.

Nella prossima puntata ci soffermeremo sulla prima delle virtù teologali, la fede…

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