Credo in Spiritum Sanctum
di don Antonio Donadio
“Nessuno può dire: “Gesù è Signore” se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1Cor 12,3).
“Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!” (Gal 4,6).
“Per essere in contatto con Cristo, bisogna dapprima essere stati toccati dallo Spirito Santo. È lui che ci precede e suscita in noi la fede. In forza del nostro Battesimo, primo sacramento della fede, la vita, che ha la sua sorgente nel Padre e ci è offerta nel Figlio, ci viene comunicata intimamente e personalmente dallo Spirito Santo nella Chiesa. […] Lo Spirito Santo con la sua grazia è il primo nel destare la nostra fede e nel suscitare la vita nuova che consiste nel conoscere il Padre e colui che ha mandato, Gesù Cristo” (CCC 683 – 684).
È necessario essere nello Spirito Santo per poter entrare in comunione con il Figlio, così come è indispensabile essere immersi nella morte di Cristo con il Battesimo, affinchè risorgendo la vita del Padre abiti definitivamente in noi. Non ci può essere fede senza l’azione dello Spirito Santo, poiché solo il suo agire permette al nostro cuore di credere e alla nostra bocca di professare l’adesione totale al Dio Trinità: “Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza”. (Rm 10,9-10)
Tali affermazioni, nonostante la loro chiarezza, hanno bisogno di essere maggiormente contestualizzare, in maggior misura esplicitate per permetterci di cogliere la pedagogia insita nel Simbolo Apostolico. Ogni qual volta ci accingiamo a professare la nostra fede, ogni nostra affermazione si situa tra due parole: “credo” e “amen”, esse abbracciano l’insieme delle singole affermazioni, creando così l’ambiente spirituale per comprendere tutto ciò che vi sta in mezzo. Credere non è un cieco buttarsi in braccio all’irrazionale, viceversa è un accedere al lógos, alla ragione, al senso e quindi alla stessa Verità, perché in definitiva il fondamento su cui l’uomo si pone non può e non deve essere altro che la stessa Verità che si schiude a noi. Dire “amen” significa pronunciare il fiducioso poggiarsi su un fondamento che sostiene, esprime l’abbandonarsi a ciò che noi non possiamo né abbiamo bisogno di fare, al fondamento del mondo, che costituisce il fondamento adeguato allo stare saldo dell’uomo (cfr J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 2003, 67-69). Comprendere ciò ci permette di intuire come il solido fondamento della nostra esistenza non può essere nient’altro se non Dio, affidarci a Lui per permettergli di realizzare nella nostra vita quel processo di unificazione teso a ricondurre la natura umana frammentata a causa del peccato originale all’unità perfetta che ha come fine non qualcosa di informe e vaporoso, ma la Santa Trinità. Tutto questo ci aiuta ad intendere come le stesse Persone divine non si affermano da sole, ma nel realizzare questo processo di unificazione dell’umanità, ognuna di esse rende testimonianza all’altra: “Il Figlio è l’immagine del Padre e lo Spirito è l’immagine del Figlio” (Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa, I, 13, P.G., 94, col. 856). Arrivati a questo punto possiamo chiederci: se lo Spirito Santo è l’immagine del Figlio, cioè colui che lo rende presente realmente in ogni tempo e in ogni luogo, cosa desidera realizzare in noi? A questa domanda si può rispondere solo indagando ciò che lo Spirito ha già operato nell’esperienza terrena del Cristo, è dall’ascolto orante di quelle parole, norma eterna per la vita di ogni credente, che la fede accolta e professata diventerà giorno dopo giorno esistenza concreta. “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,35). Il versetto appena citato, che riporta le parole dall’angelo nella casa di Nazaret, ha le note del libro dell’Esodo: “L’Altissimo ti avvolgerà come ombra”. La nube che albeggiava sull’Arca dell’alleanza, nel deserto, ora rivestirà Maria (cfr. Es 40,30-35). È questa l’opera dello Spirito Santo, aiutarci a comprendere come tutta la storia di Israele è stata condotta dallo Spirito di Dio per rendere l’impossibile reale. Accogliere nella fede questa verità, significa comprendere come l’azione dello Spirito in Maria riassume simbolicamente la dottrina della cooperazione umana alla Redenzione. Ciò che un giorno è stato concesso a Maria nell’ordine carnale, grazie all’azione dello Spirito, ora è concesso spiritualmente alla Chiesa: concepire il Verbo nella sua fede incrollabile, generarlo in uno spirito liberato da ogni corruzione, contenerlo in un’anima adombrata dalla virtù dell’Altissimo (Cfr. H. de Lubac. Meditazione sulla Chiesa, Jaca Book, Milano 2017, 227-229). «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato» (Lc 24,5-6). «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede» (1Cor 15, 17). Ecco l’opera definitiva che lo Spirito realizza nella vita del Cristo e desidera realizzare in noi: la risurrezione. Obbedire a questa verità suscita stupore e timore, lo stesso provato delle donne nel racconto dell’evangelista Luca, in realtà è lì che si situa l’azione dello Spirito Santo: far risuonare nei nostri cuori, troppe volte impauriti e stanchi, la voce di una promessa, la certezza di un evento che non chiude il ciclo della storia, ma realizza nel “già” sacramentale della Chiesa, il “non ancora” dell’eternità beata. Nel compimento escatologico della storia l’insieme dell’universo creato entrerà in unione perfetta con Dio. Questa unione si manifesterà in coloro che hanno acquisito la grazia dello Spirito Santo affinchè divenuti uno in Cristo, il Padre sarà tutto in tutte le cose (Cf. V. Lossky, A immagine e somiglianza di Dio, EDB, Bologna 1999, 149).