
Dal vangelo secondo Luca (Lc 2, 16-21)
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Commento

“A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen” (dall’annuncio di Pasqua nella liturgia dell’Epifania). Celebrare un nuovo anno, in una fase così particolare e ricca di sfide e di prove come quella che stiamo vivendo, non può non condurci ad una riflessione sul nostro modo di vivere e intendere il senso del tempo. Alcuni dicono sui social: “abbiamo vissuto un anno in meno… questo anno non lo abbiamo vissuto”. È proprio vero? Viene fuori una domanda per ciascuno di noi: qual è la mia concezione di tempo? È il tempo necessariamente una dimensione da riempire con qualcosa da fare? Con impegni da portare avanti? Quando apparentemente non ho nulla da fare, il mio tempo è forse privo di significato e valore? Cosa dà valore al mio tempo? I teologi ci insegnano che nella Scrittura esistono tre tipi di tempo: quello cronologico, che nella filosofia e nel sentire comune, è il chronos, che si può quantificare e misurare con i cronometri; c’è poi il kairos, che è il tempo “significativo”, nella sua dimensione esistenziale e poi c’è l’aion, il “tempo senza tempo”, ossia l’eternità. Il nuovo anno, come fine di un intervallo di tempo cronologico, passaggio da un intervallo temporale ad un altro, ci provoca a ripensare il nostro tempo esistenziale, quello che nessun cronometro può misurare. Cosa ha dato e cosa dà senso al tempo che ho vissuto, vivo e vivrò? In realtà, se non ci fosse un significato che noi diamo al tempo, esso sarebbe solo una vuota scansione di movimenti insignificanti, ma è il nostro spirito che dà un senso a questo tempo. Sant’Agostino, nelle Confessioni, definiva il tempo come “extensio animi”(XI, 13). Senza il nostro “esserci”, senza il nostro misurarci con Dio e con gli altri, il nostro tempo sarebbe perso e vuoto. Emerge un forte invito alla conversione per ciascuno di noi: da un uso insignificativo del tempo, ad un uso più sensato dello stesso. Leggere la storia alla presenza di Dio ci fa guardare al tempo come una linea ordinata verso un fine: dalla Terra all’eternità; da questo mondo a Dio; vissuto con questa apertura di cuore, di chi legge la propria vita in una relazione che lo trasforma e lo caratterizza, il tempo viene vissuto in pienezza, come ci ha detto San Paolo: “quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio” (Gal 4,4). Con Cristo il tempo non è più lo stesso, ma è orientato e abitato. Se questo è vero a livello teologico, la domanda è: lo è anche esistenzialmente per me? Come vivo ogni istante della mia giornata? Cosa costruisco in esso per l’eternità? Il tempo pieno è abitato da Dio e ogni mia azione, ogni mio progetto, ogni mia parola, ogni mio pensiero, non può non essere orientato a questo fine. Il pensiero della morte, come fine di questo tempo e spazio concessimi perchè io possa entrare nell’eternità di Dio, ci è di grande aiuto per dare il giusto valore al tempo e alle cose che viviamo e facciamo. Maria, che celebriamo in questa solennità della sua Divina Maternità, con il suo stile di contemplazione esistenziale, concreta e silenziosa, ci offre un aiuto ad assumere il giusto atteggiamento nei confronti del tempo e della vita. Stando con il Figlio, Ella si interrogava e cercava il filo rosso della presenza di Dio in tutti gli eventi. Ecco cosa significa, allora, vivere il tempo in pienezza, con la consapevolezza che Dio lo abita e ne è protagonista insieme a noi, cosicchè esso può divenire reale occasione di salvezza!
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