Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,60-69)

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Commento

In un passaggio del Vangelo di Matteo, Gesù afferma: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada” (Mt 10,34). Mi sembra un buon modo per entrare nel commento alla pagina evangelica di questa domenica. Gesù ha rivelato se stesso come pane di vita, nella sinagoga di Cafarnao: ha detto la verità su se stesso e sull’umanità. Chi lo accoglie e si nutre di Lui, della sua Parola e dell’Eucaristia, ha la vita eterna. La verità non è mai a buon mercato: quando tocca il cuore dell’uomo lo porta berso la decisione. Si deve necessariamente prendere una posizione: accettarla o rifiutarla. Molti discepoli non sono capaci di andare fino in fondo. Le parole di Gesù, per molti, sono dure come un macigno. Chiedono di passare dalla visione carnale a quella spirituale, dalla prospettiva semplicemente umana di vedere le cose, a quella divina. Solo la fede, come relazione viva e vivificante con Lui, può portare alla maturazione di questo sguardo. La persona di Gesù, vero Dio e vero uomo continua a scandalizzare tanti. Non tutti si lasciano attirare dal Padre verso la Verità del Figlio incarnato, morto e risorto per noi. Alcuni addirittura decidono deliberatamente di voltargli le spalle: è la tremenda possibilità del tradimento, del rifiuto e del no al suo amore e alla sua amicizia. Quando si incontra davvero Cristo si deve necessariamente prendere una decisione: accogliere la sua persona e seguirlo, oppure rifiutarlo e andarsene per la propria strada, tertium non datur! “Chi non è con me, è contro di me. Chi non raccoglie con me, disperde” (Lc 11,23). I discepoli di Cristo devono necessariamente passare attraverso questo cammino di crescita per riduzione. La Chiesa, infatti, non cresce secondo la logica numerica, ma per intensità di adesione a Cristo. Lo stesso popolo di Israele, nella tradizione profetica ad un certo punto è diventato un “resto fedele”. È di grande consolazione sapere questo oggi, mentre tanti Paesi di cosiddetta tradizione cristiana vedono vertiginosamente ridurre la presenza numerica del cristianesimo. Se da una parte questo deve portarci ad una necessaria riflessione sul modo in cui noi cristiani siamo testimoni del Vangelo, dall’altra parte deve far crescere in noi la consapevolezza che Dio vuole discepoli veri, che al di là dell’adesione formale ed esteriore, abbiano una vera relazione di fede e di amore con Lui. Gesù, inoltre, continua ad interpellare la libertà anche di coloro che gli sono più vicini: Volete andarvene anche voi? Il Maestro non vuole burattini passivi, ma interlocutori consapevoli e decisi, che lo scelgano sempre di nuovo. San Pietro è il capofila di questi amici del Signore: lui ha capito che le parole vere di Cristo sono salvifiche, se vi si aderisce con fede e amore e sono le uniche a dare il senso autentico alla vita dell’uomo. In questa domenica, riflettiamo anche noi attentamente sulla nostra posizione: siamo con Lui o contro di Lui? È solo leggendoci dentro con serietà e onestà che possiamo capire se vogliamo stare con Lui oppure no, non con le parole e le idee, ma con il cuore e la vita.
Bene-dire (a cura di don Francesco Diano)
«Ma Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano di questo […]» (Gv 6,61). Essi avevano parlato tra loro in modo da non farsi sentire da lui; ma egli, che li conosceva nell’intimo, ascoltandoli dentro di sé, rispose e disse: Ciò vi scandalizza? Cioè, vi scandalizza il fatto che io abbia detto che vi dò da mangiare la mia carne e da bere il mio sangue? E questo che vi scandalizza? «E se vedeste il Figlio dell’uomo ascendere dov’era prima?» (Gv 6,62-63). Che significano queste parole? Risolvono la loro difficoltà? Sciolgono il dubbio che li ha scandalizzati? Queste parole certamente avrebbero chiarito, se essi le avessero comprese. Credevano che egli volesse dare loro in cibo il suo corpo; egli dice che salirà in cielo, e vi salirà tutto intero: «Se vedrete il Figlio dell’uomo ascendere dov’era prima», allora crederete che egli non distribuisce il suo corpo nel modo che voi credete: almeno allora capirete che la sua grazia non si consuma mangiando. […] Che significano le parole che seguono: «È lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla?». Egli ci consente di rivolgerci a lui, non per contraddirlo ma nel desiderio di apprendere: O Signore, maestro buono, come è possibile che la carne non giovi a nulla, quando tu hai dichiarato: «Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà in sé la vita» (Gv 6,54)? Forse che la vita non serve a nulla? E perché allora siamo ciò che siamo, se non per avere la vita eterna, che tu prometti di darci mediante la tua carne? In che senso allora «la carne non giova a nulla»? Non giova a nulla la carne nel senso in cui costoro la intesero; essi la intesero nel senso di carne morta, non nel senso di carne resa viva dallo Spirito. […] Se infatti la carne non giovasse a nulla, il Verbo non si sarebbe fatto carne per abitare tra noi. Se tanto ci ha giovato il Cristo, mediante la carne, come si può dire che la carne non giova a nulla? Ma è lo Spirito che mediante la carne ha operato la nostra salvezza. La carne fu come il vaso: considera ciò che portava, non ciò che era. […] Perciò dice: «Le parole che vi ho detto sono spirito e sono vita» (Gv 6,64). Abbiamo già detto, o fratelli, che cosa ci raccomanda il Signore nel darci da mangiare la sua carne e da bere il suo sangue: che noi dimoriamo in lui e lui in noi. Ora, noi dimoriamo in lui, se siamo le sue membra; egli dimora in noi, se siamo il suo tempio. È l’unità che ci compagina facendoci diventare membra di Cristo. Ma che cos’è quest’unità se non la carità? […] Niente deve temere un cristiano, quanto l’essere separato dal corpo di Cristo. Chi infatti si separa dal corpo di Cristo non è più suo membro; se non è suo membro, non può essere animato dal suo Spirito. «Che se qualcuno, dice l’Apostolo, non possiede lo Spirito di Cristo, non gli appartiene» (Rm 8,9) [(AGOSTINO DI IPPONA, Commento al vangelo di Giovanni 27,3.5-6, NBA XXIV pp. 620. 622. 624)].
Preghiera
Signore, fa di me ciò che vuoi!
Non cerco di sapere in anticipo i tuoi disegni su di me,
voglio ciò che Tu vuoi per me.
Non dico: “Dovunque andrai, io ti seguirò!”,
perché sono debole, ma mi dono a Te perché sia Tu a condurmi.
Voglio seguirTi nell’oscurità,
non Ti chiedo che la forza necessaria.
O Signore,
fa’ ch’io porti ogni cosa davanti a Te,
e cerchi ciò che a Te piace in ogni mia decisione
e la benedizione su tutte le mie azioni.
Come una meridiana non indica l’ora se non con il sole,
così io voglio essere orientato da Te,
Tu vuoi guidarmi e servirTi di me.
Così sia, Signore Gesù!
(John Henry Newman).
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