di don Andrea Giovita

N. Gerini, La speranza (part.), volta con virtù, Sala capitolare di S. Felicita, Firenze, sec. XIV.
La Speranza è come una sorgente segreta che zampilla nel cuore, come una primavera che scoppia nell’intimo dell’anima; essa ci coinvolge come un vortice nel quale veniamo inseriti, per grazia di Dio, ed è difficilmente descrivibile. Noi, abbiamo Speranza? Oppure è soltanto una parola? Occorre rispondere seriamente, non avendo paura di riconoscere che, forse, la nostra speranza si riduce a un lumicino. La speranza riguarda anzitutto il momento drammatico, che è la morte, a questo si riferisce, la forza (virtù) della speranza. I molteplici interrogativi su ciò che sarà di me, di noi, dell’umanità, hanno a che fare con la speranza, perché sperare è vivere, è dare senso al presente, è camminare, è avere ragioni per andare avanti. Speranza è un fenomeno universale, che si trova ovunque c’è umanità, costituita da tre elementi: la tensione verso il futuro; la fiducia che si realizzerà; la pazienza e perseveranza nell’attenderlo. La vita è inconcepibile senza una tensione verso il futuro, senza progetti, attese, senza pazienza. Essa però è pure intessuta di delusioni, quindi è permeata anche dalla disperazione. L’esegeta H. Schlier descrive gli effetti della mancanza di speranza: “Dove la vita umana non è protesa verso Dio, ci si sforza di superare la spossatezza, la vacuità e la tristezza che nascono da tale mancanza di speranza“. E i sintomi della non-speranza sono “i vuoti discorsi, l’esigenza costante della discussione, l’insaziabile curiosità, l’irrequietezza, l’instabilità nella decisione, il rincorrersi di continuo verso sempre nuove sensazioni“.
La Speranza Cristiana viene da Dio, è una virtù teologale la cui origine non è terrena. Infatti essa non nasce dalla nostra vita, dalle nostre previsioni, ma ci è donata. Qual è il contenuto della Speranza Cristiana? Scrive san Paolo: “Ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo?” (Rm 8, 24). L’oggetto della nostra Speranza è qualcosa che è al di là di ogni attesa e di ogni desiderio. Il suo contenuto è quello di cui Dio ci riempie e ci riempirà, se ci fidiamo totalmente di lui. La Speranza ha un punto di riferimento chiaro: guarda a Cristo e al suo ritorno. Ciò che Dio ci prepara, non è un’incognita: è Gesù, il Signore della gloria. La nostra Speranza è che vivremo sempre con Lui, saremo con Lui, e Lui sarà con noi. La Speranza è la meravigliosa esperienza di vita alla quale siamo chiamati. Non possiamo però dimenticare che il ritorno di Gesù sarà anche un giudizio. La manifestazione di Cristo sarà una “crisi“, che dal greco significa “giudizio”. Quando Cristo apparirà, sarà per ciascuno di noi e per l’umanità intera il momento critico, la crisi per eccellenza, il giudizio finale. Noi viviamo spesso crisi, grandi o piccole, personali o familiari, economiche, sociali, politiche. Tutte queste crisi, coinvolgono soltanto una parte dell’esistenza umana. La crisi provocata dalla manifestazione definitiva del Signore è l’unica che coinvolgerà tutto il nostro essere. Per questo san Paolo avverte di “non giudicare nulla prima del tempo finché venga il Signore […]; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio” (lCor 4, 5). La Speranza è la fiducia che Dio non ci farà mancare gli aiuti necessari per andare incontro al giudizio finale con l’animo abbandonato in Colui che salva dal peccato e fa risorgere i morti. Si dice che la Speranza è la più umile delle tre virtù, perché si nasconde nella vita. La Fede, si vede, si sente. La Carità si fa. La Speranza è un rischio, è una virtù rischiosa. La vita cristiana è provare il meraviglioso rischio della felicità, della riconciliazione, della giustizia.