“Secondo un disegno divino, chi è in alto si trova in basso e, per divina benevolenza, chi è in basso si trova in alto” (Giovanni Crisostomo, omelia 1 sul Natale). Queste parole di San Giovanni Crisostomo ci conducono al centro del mistero del Natale: l’incontro tra Dio e l’uomo. Questo incontro è mosso da una motivazione teologica che gli stessi Padri della Chiesa sottolineavano con il celebre adagio: “Dio si è fatto uomo, perché l’uomo si facesse Dio“. Il nucleo storico del Natale è disarmante nella sua semplicità: esso non è altro che una nascita. Quanti bambini stanno nascendo in questo preciso istante in ogni angolo della Terra! Eppure la Parola di Dio illumina questo evento, rendendolo unico e conducendoci al suo significato profondo. Il profeta Isaia nel brano che si legge come prima lettura nella Notte di Natale afferma: “Un bambino è nato per noi, c’è stato dato un figlio” (Is 9,5). La strada di Dio è sempre quella della piccolezza. Chi ha visitato la Basilica della Natività, a Betlemme, sa che nonostante la maestosità architettonica di quel tempio, il suo ingresso è caratterizzato da una porta piccola e bassa, che costringe il visitatore a piegarsi per entrare. É questa la chiave di lettura del Mistero del Natale: soltanto chi si fa piccolo, può entrare nello splendore di un mistero così grande. Anche il segno del Natale, annunciato ai pastori, colpisce per la sua ordinaria maestositá: “un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia” (Lc 2, 12). Anche questo segno può essere compreso solo con la luce della Parola: i pastori si mettono in cammino perché gli angeli li hanno condotti a comprendere il mistero. Chi erano questi pastori che si misero in cammino? Tutti quelli presenti? Il Vangelo non ce lo dice. Forse solo quelli che hanno accolto la chiamata con libertà. La fede è libertà, solo chi accoglie la Parola nella libertà, può entrare nell’intelligenza del Mistero. Nei nostri presepi, la tradizione di cui San Francesco d’Assisi è un testimone qualificato, ha posto le figure del bue e dell’asino. Il Poverello d’Assisi, a proposito del suo primo presepe a Greccio nel 1223, disse: “Vorrei rappresentare il bambino nato a Betlemme e in qualche modo vedere i suoi disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie ad ogni neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello” (Tommaso da Celano, Vita I, 30, 84).
Questa immagine del bue e dell’asino ha suscitato l’interesse di un teologo alla stregua di Ratzinger, futuro Benedetto XVI, che in un suo testo di qualche decennio fa affermò: “Il bue e l’asino non sono semplicemente prodotti di una devota fantasia; sono entrati a far parte dell’evento natalizio attraverso la fede della Chiesa nell’unità dell’Antico e del Nuovo Testamento” (La benedizione del Natale, 64). Ed è proprio all’Antico Testamento e alle parole di Isaia che guarda il teologo tedesco, per interpretare questa tenera scena presepiale: “Il bue conosce il proprietario, l’asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende” (Is 1,3). Il bue e l’asino sarebbero l’immagine di ebrei e pagani, privi di ragione e conoscenza, anch’essi destinatari della salvezza: “Il bambino nella mangiatoia ha aperto loro gli occhi, cosicché essi conoscono la voce del proprietario, la voce del loro Signore” (J. Ratzinger, La benedizione del Natale, 65). Di fronte a questo grande Mistero, anche noi siamo buoi e asini, perché non comprendiamo fino in fondo, ma siamo destinatari di questa Parola che può aprirci gli occhi per comprendere. La Scrittura continua ad illuminare: chi non lo riconobbe? Erode, i dotti, i sapienti, gli scribi (cfr. Mt 2). Se posti al confronto con i notabili di Israele, a riconoscerlo furono solo il bue e l’asino, ossia i pastori, Maria, Giuseppe, le persone semplici. Scrive ancora Ratzinger: “Nella stalla, dove c’è il Bambino Gesù, le persone eleganti non ci sono, là sono di casa, appunto, il bue e l’asino” (La benedizioni di Natale, 67). Guardiamo a questi personaggi silenziosi del presepio e chiediamoci: se il popolo di Israele non sempre ha compreso, io comprendo? Ponendo questi personaggi semplici nel presepio e contemplandoli, dovremmo chiedere al Signore il dono di una vera semplicità, per poter comprendere che nel Bambino c’è il Signore e così tornare alle nostre occupazioni pieni di gioia. Buon Natale!
“soltanto chi si fa piccolo, può entrare nello splendore di un mistero così grande.” Questa frase induce a riflettere su quanto oggi invece ci si affanni per essere “grandi”. E si corre per il lavoro, il successo, ci si affanna per eccellere nell’apparire. Invece la serenità ci viene proprio dalle piccole cose. Se rallentiamo la nostra corsa, probabilmente riusciamo a sentire Dio.
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