Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,39-45)

Giotto, Visitazione, Cappella degli Scrovegni, Padova, sec. XIII
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Breve commento
Il brano di questa domenica di Avvento, la più prossima al Natale, ci presenta l’episodio ben noto della visita di Maria a sua cugina Elisabetta. L’Evangelista Luca lo narra come immediato seguito dell’annuncio dell’angelo Gabriele a Maria. La vita di questa umile fanciulla di Galilea, ricolmata della potenza dello Spirito, viene trasfigurata e sconvolta. Dalla sua condizione di silenzio, di umiltà e nascondimento, ella “risorge”, si alza e si mette in cammino, “in fretta”, senza alcun indugio. Benedetto XVI in una sua omelia affermava: “Mi sembra importante sottolineare l’espressione ‘in fretta’: le cose di Dio meritano fretta, anzi le uniche cose del mondo che meritano fretta sono proprio quelle di Dio, che hanno la vera urgenza per la nostra vita” (Omelia per l’Assunzione della B.V. Maria, 15 agosto 2011). Quanta fretta c’è oggi nella nostra vita e nella nostra società occidentale: siamo divenuti quasi schiavi del tempo. Ma, in fin dei conti, cosa inseguiamo? Quali sono le nostre priorità? Sicuramente le motivazioni delle nostre “frette”, sono ben diverse da quelle che animarono Maria. Anzi, spesso, noi viviamo “le cose di Dio” con lentezza e pigrizia. La Vergine, invece, è icona di ogni anima toccata dalla grazia, che non può trattenere per sé la gioia dell’incontro con il Divino, ma sente l’esigenza di annunciarlo e comunicarlo agli altri. L’angelo le aveva annunciato che anche sua cugina Elisabetta, nonostante fosse avanti negli anni, si era ritrovata incinta di suo marito Zaccaria. Maria, mossa dal moto di carità, come scrigno umano della presenza del Verbo nella storia, si reca in casa della sua congiunta in un clima di profonda gioia spirituale. Il saluto di Maria, che si fa eco della Parola accolta e incarnata nel suo grembo, diventa a sua volta causa del movimento di Giovanni nel grembo di Elisabetta, che “saltella”, proprio come Davide, di fronte all’Arca dell’Alleanza tornata nuovamente in patria (cfr. 2Sam 6,16). Lo Spirito, che era disceso su Maria, adombrandola nell’Annunciazione e rendendola Madre del Signore, è protagonista anche in quest’altra scena. Anche Elisabetta, facendosi docile alla sua azione, riconosce in Maria la presenza del Signore. Dio continua a visitare il suo popolo. Lo ha fatto con Israele, quando lo ha visitato attraverso Mosè per riportandolo nella Terra Promessa dopo la schiavitù d’Egitto, lo ha fatto riportando gli esuli da Babilonia nella terra di Giuda, lo ha fatto in modo pieno con l’Incarnazione del Figlio suo. Continua a farlo, oggi, attraverso la fede che sorge nelle anime e attraverso la vita della Chiesa, nella quale la grazia dei sacramenti continua a renderLo presente, vivo e operante. Anche noi, per riconoscere la sua presenza e la sua visita nella nostra storia personale, però, come Elisabetta abbiamo bisogno di essere toccati dallo Spirito. Il rischio di non accorgersi del suo passaggio, perché stanchi, distratti o assuefatti è sempre dietro l’angolo, per questo ci lasciamo provocare dalle parole sempre attuali di Sant’Agostino: “temo non solo Gesù che passa ma anche Gesù che rimane, per questo non posso tacere” (Disc. 88, 14,13).