Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 16,12-15)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Breve commento
Se un non cristiano o un non credente ci domandasse qual è lo specifico della nostra fede cristiana, cosa dovremmo rispondere? In cosa crediamo noi cristiani? Da bambini, al Catechismo, ci hanno insegnato che due sono i misteri principali della nostra fede: l’Unità e la Trinità di Dio, l’Incarnazione-Passione-Morte e Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Questa solennità che si colloca la domenica successiva a quella di Pentecoste vuole aiutare la comunità cristiana a prendere consapevolezza rinnovata del grande mistero nel quale tutti noi siamo immersi, ossia l’amore di Dio che si manifesta nell’unità della sua sostanza divina e nella Trinità delle Persone. Quante volte durante la giornata ci segniamo con il segno della Croce e pronunciamo i Nomi divini, ma quanto poco ci sentiamo immersi nella grandezza di questo Mistero. Gesù con il suo passaggio pasquale ha portato a compimento la piena Rivelazione del volto di Dio. Come leggiamo nella Costituzione Dei Verbum del Concilio Vaticano II, Gesù Cristo “vedendo il quale si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti, e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna. L’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1 Tm 6,14 e Tt 2,13)” (DV 4). Solo Gesù, dunque, nonostante la preparazione dell’Antico Testamento, ci ha rivelato il vero volto di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Nel brano evangelico di Giovanni, tratto anche per questa domenica dai discorsi di addio pronunciati nell’ultima cena, Gesù ci presenta la dinamica interna del Dio Uno e Trino: Egli, che è il Figlio, Generato dall’eternità della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio Vero, riceve tutto dal Padre, attraverso una forza d’amore così potente da essere personale, lo Spirito Santo. Questo stesso Spirito, procedendo dal Padre e dal Figlio, della loro stessa sostanza divina, scende sull’umanità per renderla partecipe della vita divina che c’è in Loro, per ricordare ed insegnare la Verità e per rinnovare il contatto con il Mistero della Salvezza. Contemplare la profondità di Dio Uno e Trino, con il desiderio di comprenderne il Mistero in maniera intellettuale, ci fa ripensare all’episodio tradizionale collegato alla vita di Sant’Agostino, quando il grande Padre passeggiando sulla spiaggia e meditando sulla composizione del suo trattato Sulla Trinità, si imbatté in un fanciullo che con una conchiglia voleva riversare tutta l’acqua del mare in una buca. Il Santo Vescovo obiettò al fanciullo che sarebbe stata un’impresa impossibile e questi, di tutta risposta, gli disse che era impossibile, tanto quanto voler comprendere il mistero della Trinità! In questa domenica, dunque, immergiamoci con l’amore in questo mistero di Luce, sapendo che la nostra mente, senza l’ausilio della fede, non può entrarvi. Dante, nel Purgatorio, canta in maniera mirabile:
“Matto è chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
che tiene una sustanza in tre persone.
State contenti, umana gente, al quia;
ché se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria” (Purgatorio, III, 34-39)
[è folle chi spera che la nostra ragione possa comprendere l’infinito mistero che sostiene l’unica sostanza divina in tre persone. Fermatevi, genti, al fatto in sè: perchè se vi fosse stato possibile comprendere ogni cosa, non ci sarebbe stato bisogno che Maria partorisse il Figlio Gesù Cristo].
Bene-dire (a cura di don Francesco Diano)
Oggi è la Domenica della Santissima Trinità
La luce del tempo pasquale e della Pentecoste rinnova ogni anno in noi la gioia e lo stupore della fede: riconosciamo che Dio non è qualcosa di vago, il nostro Dio non è un Dio “spray”, è concreto, non è un astratto, ma ha un nome: «Dio è amore». Non è un amore sentimentale, emotivo, ma l’amore del Padre che è all’origine di ogni vita, l’amore del Figlio che muore sulla croce e risorge, l’amore dello Spirito che rinnova l’uomo e il mondo. Pensare che Dio è amore ci fa tanto bene, perché ci insegna ad amare, a donarci agli altri come Gesù si è donato a noi, e cammina con noi. Gesù cammina con noi nella strada della vita. La Santissima Trinità non è il prodotto di ragionamenti umani; è il volto con cui Dio stesso si è rivelato, non dall’alto di una cattedra, ma camminando con l’umanità. E’ proprio Gesù che ci ha rivelato il Padre e che ci ha promesso lo Spirito Santo. Dio ha camminato con il suo popolo nella storia del popolo d’Israele e Gesù ha camminato sempre con noi e ci ha promesso lo Spirito Santo che è fuoco, che ci insegna tutto quello che noi non sappiamo, che dentro di noi ci guida, ci dà delle buone idee e delle buone ispirazioni. Oggi lodiamo Dio non per un particolare mistero, ma per Lui stesso, «per la sua gloria immensa», come dice l’inno liturgico. Lo lodiamo e lo ringraziamo perché è Amore, e perché ci chiama ad entrare nell’abbraccio della sua comunione, che è la vita eterna.
(PAPA FRANCESCO, ANGELUS, Piazza San Pietro, Solennità della Santissima Trinità, Domenica, 26 maggio 2013)
Mio Dio, Trinità che adoro
Mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi interamente per fissarmi in te, immobile e tranquilla come se la mia anima fosse già nell’eternità. Niente possa turbare la mia pace ne trarmi fuori di te, o mio immutabile; ma che ogni istante mi immerga sempre più nella tua profondità del tuo mistero.
Pacifica l’anima mia, rendila tua cielo, tua dimora prediletta e luogo del tuo riposo. Che io non ti lasci mai solo, ma ti sia presente, con fede viva, immersa nell’adorazione, piamente abbandonata alla tua azione creatrice.
Gesù, mio diletto, crocifisso per amore, vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti fino a morire, ma sento la mia impotenza e ti chiedo di rivestirmi di te, di identificare la mia anima a tutti i movimenti della tua anima, di sommergermi, di invadermi, di sostituirti a me, affinché la mia vita sia un riflesso della tua vita. Vieni in me come Adoratore, come Riparatore, come Salvatore.
Verbo eterno, Parola del mio Dio, Cristo Signore, voglio passare la mia vita ad ascoltarti e nelle notti dello spirito e nel vuoto voglio fissarti sempre e starmene sotto la tua grande luce.
O mio astro diletto, affascinami cosi che io non mi possa sottrarre mai più al tuo irraggiamento.
Fuoco ardente, Spirito di amore, vieni in me e fa’ della mia anima un’incarnazione del Verbo.
E tu, o Padre, chinati sulla tua povera, piccola creatura, coprila con la tua ombra!
O miei “Tre”, mio Tutto, mia Beatitudine, Solitudine infinita, Immensità in cui mi perdo io mi abbandono a te.
Seppellisciti in me perché io mi seppellisca in te, nell’attesa di poter contemplare nella tua luce l’abisso della tua grandezza.
(Beata Suor Elisabetta della Santissima Trinità)