
Dal vangelo secondo Marco (Mc 1,12-15)
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Breve commento
I tre brevi versetti proposti alla nostra riflessione in questa prima domenica di Quaresima ci fanno cogliere ancora una volta lo stile asciutto ed essenziale dell’evangelista Marco, che in poche pennellate sa condurci sempre al cuore degli eventi del Figlio di Dio. La sua versione delle tentazioni di Gesù vissute nel deserto, che Matteo e Luca ci narrano in maniera più ampia e dettagliata, si riduce soltanto a due brevi frasi. Ogni espressione che viene utilizzata, però, ha una carica quasi esplosiva. All’inizio del ministero pubblico di Gesù c’è lo Spirito, che è il soggetto dell’azione descritta. Dopo la rivelazione delle tre persone della Trinità nell’evento del battesimo al Giordano, quello stesso Spirito che aveva riempito di sé il Figlio amato, lo spinge (letteralmente in greco “getta”) subito nel deserto. Il deserto, dunque, come luogo del silenzio, della solitudine e della prova, non è un incidente di percorso, ma fa parte della pedagogia di Dio, rappresentandone il primo passo. Si tratta di un tempo importante, pieno di significato, per Gesù. Questo è dimostrato dal numero 40 che nella Bibbia richiama tutta una serie di eventi, in cui Dio conduce il suo popolo o i suoi eletti in un percorso di crescita ed evoluzione. Gesù, infatti, non evita la durezza del deserto, ma vi rimane convinto e fermo, senza fuggire. Che scuola per la nostra spiritualità incostante e ballerina! Pochi giorni fa, nell’omelia del Mercoledì delle Ceneri, Papa Francesco ci invitava a riflettere: “Ho un cuore “ballerino”, che fa un passo avanti e uno indietro, ama un po’ il Signore e un po’ il mondo, oppure un cuore saldo in Dio?” (Francesco, omelia, 17.2.2021). Il tempo di Quaresima, con la sua dimensione di deserto, dovrebbe proprio aiutarci a meditare su questo, rafforzandoci nella nostra costanza, fortezza, ben saldi e radicati in Cristo, senza fuggire le prove e le tentazioni, ma aiutandoci a viverle come un’occasione per fortificare la nostra adesione a Dio. La tentazione, infatti, come lusinga e macchinazione dello spirito del male finalizzata alla nostra caduta, quando viene affrontata con la grazia di Dio e superata, diventa occasione di purificazione e di crescita nella nostra amicizia con Lui. Quando il peso e la forza delle tentazioni sembrano schiacciarci dovremmo essere consapevoli che, se le avvertiamo, è perché siamo vivi e il nostro cuore non è corrotto, ma è ancora capace di sentire. Il giorno in cui non avvertissimo più tentazioni nella nostra carne mortale, significherebbe che ci siamo ormai assuefatti al male e che siamo così tanto dalla parte del nemico, che lui non ha più bisogno di allontanarci da Dio, perché purtroppo ne abbiamo già abbondantemente preso le distanze! Questo dovrebbe veramente allarmarci! La Quaresima è il tempo opportuno per incamminarci in questo percorso di vero discernimento, chiedendoci con serietà dov’è il nostro cuore. Cosa cerca? Dio o altro da Lui? Quando siamo con il Signore, nonostante non sempre siamo liberati dalle prove, il nostro rapporto con le creature è sano e pacifico, privo di ogni deviazione e conflittualità. Il particolare delle bestie selvatiche e degli angeli che servivano Gesù nel deserto è un richiamo alla condizione originaria dell’Eden, quando prima del peccato l’uomo viveva in armonia con il creato. Il peccato ha sconvolto questo ordine originario. Gesù, il nuovo Adamo, è venuto a ripristinarlo per noi e a renderlo nuovamente possibile, se lo seguiamo. È proprio questo il senso delle parole iniziali della sua predicazione pubblica: con Lui c’è un tempo nuovo, compiuto, pieno di significato, perché la signoria di Dio è ormai in mezzo a noi. Questo evento teologico, però, già compiuto dalla parte di Dio, per trovare la propria realizzazione in noi, richiede un’adesione personale. Senza il nostro sì, che si declina in conversione e fede, non possiamo entrare in questa nuova dimensione. Convertirsi, infatti, significa proprio cambiare mentalità (metanoéin), assumere una visione nuova, trasformare il nostro modo di vedere le cose grazie alla luce di Cristo e rimettere ordine nella nostra vita. Credere è affidarci totalmente a Lui, alla sua persona divina e al suo annuncio di salvezza. Per mezzo di questo incontro unico e significativo e dell’amicizia con Lui che ne deriva, non possiamo rimanere come eravamo prima, ma tutto viene trasfigurato dalla sua presenza!
Bene-dire (a cura di don Francesco Diano)

Quando partii per il deserto avevo veramente lasciato tutto, com’è l’invito di Gesù: famiglia, denaro, casa. Tutto avevo lasciato meno… le mie idee che avevo su Dio e che tenevo ben strette riassunte in qualche grosso libro di teologia che avevo trascinato con me laggiù. E là sulla sabbia continuavo a leggerle, a rileggerle, come se Dio fosse contenuto in una idea e se avendo belle idee su di Lui potessi comunicare con Lui. Il mio maestro di noviziato mi continuava a dire: “Fratel Carlo, lascia stare quei libri. Mettiti povero e nudo davanti all’Eucarestia. Svuotati, disintellettualizzati, cerca di amare… contempla…”. Ma io non capivo un bel nulla di ciò che volesse dirmi. Restavo ancorato nelle mie idee. Per farmi capire, per aiutarmi nello svuotamento mi mandava a lavorare. Mamma mia! Lavorare nell’oasi con un caldo infernale non è facile! Mi sentivo distrutto. Quando tornavo in fraternità non ne potevo più. Mi buttavo sulla stuoia nella cappella davanti al Sacramento con la schiena spezzata e la testa che mi faceva male. Le idee si volatilizzavano come uccelli fuggiti dalla gabbia aperta. Non sapevo più come cominciare a pregare. Arido, vuoto, sfinito: dalla bocca mi usciva solo qualche lamento. L’unica cosa positiva che provavo e che cominciavo a capire era la solidarietà coi poveri, i veri poveri. Mi sentivo vicino a chi era alla catena di montaggio o schiacciato dal peso del giogo quotidiano. Pensavo alla preghiera di mia madre con cinque figli tra i piedi e ai contadini obbligati a lavorare dodici ore al giorno durante l’estate. Se per pregare era necessario un po’ di riposo, quei poveri non avrebbero mai potuto pregare. La preghiera, quindi, quella preghiera che avevo con abbondanza praticato fino ad allora, era la preghiera dei ricchi, della gente comoda, ben pasciuta, che è padrona del suo tempo, che può disporre del suo orario. Non capivo più niente, meglio, incominciavo a capire le cose vere. Piangevo! […] E fu proprio in quello stato di autentica povertà che io feci la scoperta più importante della mia vita di preghiera. Volete conoscerla? La preghiera passa nel cuore, non nella testa. […] Il dolore accettato per amore era come una porta che mi aveva fatto transitare al di là delle cose. Ho intuito la stabilità di Dio. Ho sempre pensato, dopo di allora, che quella era la preghiera contemplativa. Il dono che Dio fa di sé a chi gli offre la vita come dice il Vangelo: “Chi perde la sua vita la troverà” (Matteo 10,39)
(Carlo CARRETTO, Il deserto nella città, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1986, 29-33).
Preghiera
Signore Gesù, é iniziato il tempo di quaresima.
È un periodo per stare con te in modo speciale, per pregare, per digiunare, seguendoti così nel tuo cammino verso Gerusalemme, verso il Golgota e verso la vittoria finale sulla morte.
Sono ancora così diviso!
Voglio veramente seguirti, ma nel contempo voglio anche seguire i miei desideri e prestare orecchio alle voci che parlano di prestigio, di successo, di rispetto umano, di piacere, di potere e d’influenza.
Aiutami a diventare sordo a queste voci e più attento alla tua voce, che mi chiama a scegliere la via stretta verso la vita.
So che la Quaresima sarà un periodo difficile per me.
La scelta della tua via dev’essere fatta in ogni momento della mia vita.
Devo scegliere pensieri che siano i tuoi pensieri, parole che siano le tue parole, azioni che siano le tue azioni.
Non vi sono tempi o luoghi senza scelte.
E io so quanto profondamente resisto a scegliere te.
Ti prego, Signore: sii con me in ogni momento e in ogni luogo.
Dammi la forza e il coraggio di vivere questo periodo con fedeltà, affinché, quando verrà la Pasqua, io possa gustare con gioia la vita nuova che tu hai preparato per me.
Amen.
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