Agostino ed Egidio: una santità che provoca…

Carissimo don Giovanni, un saluto e un ringraziamento a te, per l’invito a presiedere questa Eucaristia, nei giorni di preparazione alla grande festa patronale qui a Latronico; un saluto al carissimo don Pietro, sacerdote nativo di Latronico, sempre presente e sollecito verso la comunità; un saluto particolare a don Antonio, amico carissimo, con il quale sto condividendo tante esperienze nel nostro percorso di studi a Roma.

La memoria liturgica di Sant’Agostino, in questo solenne novenario di Sant’Egidio, è l’occasione propizia per aiutarci a riflettere un po’ sul significato della santità. La Chiesa quando propone le figure di santità non è mossa da ragioni storico-archeologiche, ma vuole aiutarci a cogliere qualche aspetto della loro testimonianza di fede e di carità, per aiutarci a vivere meglio il nostro cammino di vita cristiana ed ecclesiale. È significativo, dunque, richiamare quanto papa Francesco nell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate, pubblicata nel marzo scorso, scrive sulla vocazione di ogni cristiano alla santità: “Voglia il Cielo che tu poSantitàssa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita” (GE, 24). C’è dunque una parola, un messaggio, che nella nostra povertà, Dio vuole offrire al mondo attraverso la nostra esistenza, se ci apriamo all’azione della sua grazia. Anche per Agostino e per Egidio, c’è stata una parola significativa, un messaggio che il Signore ha voluto dare all’umanità attraverso di loro. Con la loro apertura allo Spirito – parafrasando ancora le parole di papa Francesco – possiamo dire che la loro preziosa missione non è andata perduta, ma il Signore l’ha portata a compimento anche in mezzo ai loro errori e ai loro momenti negativi, perché loro non hanno abbandonato la via dell’amore e sono rimasti sempre aperti alla sua azione soprannaturale che purifica e illumina (Cf. GE 24).

Non sarebbe questo il momento per entrare in un’analisi approfondita delle due grandi figure di Agostino e di Egidio, ma sulla scorta di quanto ripreso dal testo papale, vorrei soffermarmi brevemente su alcuni aspetti che emergono dalle due figure e possono dire qualcosa ancora a noi oggi.

Qual è la parola e il messaggio che Sant’Agostino, aprendosi all’azione della grazia, hasant-agostino_2078791 lasciato all’umanità di ogni tempo e di ogni luogo? Facendo eco all’esortazione di Paolo, giuntaci dalla Seconda lettera ai Tessalonicesi, “State saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia dalla nostra parola sia dalla nostra lettera” (2,15), ricordiamo il forte messaggio del Vescovo Agostino, circa la custodia della nostra fede. Egli ci ricorda che siamo chiamati a vigilare sulla nostra adesione a Cristo, mediante l’autorità delle Scritture e della Tradizione della Chiesa. Non possiamo avere una fede “fai da te”, una spiritualità del sentimento, ma essa deve fondarsi su quanto ci viene insegnato dalla Chiesa, Madre di tutti i credenti. In una espressione forte, che sottolinea proprio questa necessità di una fede pura, comunitaria, ecclesiale, Agostino dice: “Invero io stesso non crederei al Vangelo, se non mi spingesse a credere l’autorità della Chiesa cattolica” (Contro la Lettera di Mani, 5,6). Agostino, oggi, ci ricorda che non possiamo avere una fede a nostro uso e consumo, ma che siamo chiamati a viverla nella Chiesa, con la Chiesa, perché solo in questo corpo vivente, siamo raggiunti dalla Parola di Cristo: questo, naturalmente, richiede grande umiltà e senso di affidamento, verso una Madre, che ha ricevuto da Cristo in custodia la Verità, da annunciare e servire.

Un altro messaggio, che ci consegna Sant’Agostino, è profondamente in sintonia anche con la figura di Sant’Egidio. Si tratta del primato dell’interiorità, il rientrare in sé stessi, per incontrare Dio e la propria umanità. Il brano evangelico che abbiamo ascoltato ci mette in guardia da una grave tentazione, sempre attuale, quella cioè di vivere una fede e una spiritualità solamente esteriori e formalistiche, che mettono la regola e il giudizio al di sopra dell’uomo, trascurando i valori fondamentali: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’aneto e sul cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà” (Mt 23,23). E ancora con maggiore severità: “…pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e di intemperanza! … pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!” (Mt 23, 25-26). latronico-egidio_fbAgostino ed Egidio, afferrati dalla Verità di Cristo, hanno sentito forte questa chiamata ad entrare in sé stessi, leggersi dentro, e lavorare alla purificazione del proprio cuore. Un tratto di strada comune per entrambi è stato quello della contemplazione: Agostino dopo il battesimo, prima nelle campagne della Brianza milanese, poi nella sua amata africa, dove gli fu chiesto, poi, di essere vescovo di Ippona; Egidio, ritiratosi nei boschi della Linguadoca francese, aspirò all’ideale di piacere solo a Dio, per poi divenire maestro e guida dei giovani monaci che lo seguirono in questo ideale. Sia per l’uno, che per l’altro, sembrano ottimamente descrittive le parole di Agostino: “L’amore della verità ricerca la quiete della contemplazione” (La Città di Dio, XIX, 19). Riscoprire la bellezza del silenzio, dell’ascolto, della contemplazione, la bellezza delle virtù interiori e della solidità spirituale, più che il vano bagliore della vanagloria mondana, sono le sfide che ancora oggi questi due santi propongono a noi cristiani del XXI secolo.

Mettiamoci, dunque, alla scuola della santità e come loro, scopriamo anche noi la bellezza di una fede da custodire, una fede che non ricada nel “fai da te”, ma si fondi su un cammino autenticamente ecclesiale, fatto di umiltà, obbedienza, fiducia e affidamento. Accanto a questo, poi, riscopriamo il primato dell’interiorità a cui Agostino ed Egidio ci richiamano: “Non fuggire fuori di te, ritorna in te stesso: nell’interiorità dell’uomo abita la verità” (La vera religione, 39,72). Amen.

[Omelia pronunciata a Latronico, 28 agosto 2018 – Memoria di Sant’Agostino e Novenario in Onore di Sant’Egidio Abate]

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