di Rocco De Pietro

N. Gerini, La prudenza (part.), Volta con virtù, Sala capitolare di S. Felicita, Firenze, sec. XIV.
Sotto il profilo lessicale corrente, dire oggi “sii prudente”, ci rimanda alle premure delle mamme sull’uscio di casa prima di un viaggio in automobile, oppure al “calcolo” tra il più o meno “conveniente” o alla “poca spontaneità”, “doppiezza” in una vicenda umana che ci riguarda, connotandoci come qualcuno che “sta bene attento” a non fare questo o quello, a non sbagliare. La riflessione sulle virtù umane è alquanto complessa e rappresenta un crocevia tra ragione e fede, tra Filosofia e Teologia. Soffermandosi su di esse si corre sempre il rischio di perdersi nel ginepraio di argomentazioni poco appetibili e accattivanti, soprattutto nella società odierna dove chi tende alle virtù umane dà l’impressione di essere anacronistico, fuori dal mondo, quasi come se esse portassero ad uno stile di vita ingessato e ad un’esistenza patetica.
La Prudenza appartiene a quelle virtù umane dette cardinali (insieme a Giustizia, Fortezza e Temperanza), ossia quelle disposizioni caratteriali che afferiscono all’uomo e sono i cardini della sua vita personale, mediante le quali egli orienta i propri atti umani verso il bene e, di conseguenza, struttura la sua esistenza nella direzione buona e verso la piena felicità. Al contrario delle virtù teologali (Fede, Speranza e Carità), infuse dalla Grazia divina, quelle umane si fondano sulla ripetizione di atti virtuosi, moralmente buoni e strutturano la vita morale dell’uomo verso il bene. Nella vita cristiana, come sosteneva San Giovanni XIII, tutte le virtù sono come “le sette lampade”, perché orientano alla realizzazione del bene. Il senso cristiano della Prudenza è quello che ci indicano le Scritture, disseminate di riferimenti a questa virtù cardinale, come l’esempio delle vergini prudenti del Vangelo (Mt 25, 1-13), e i numerosi riferimenti dei libri sapienziali (es. Sap 7,7; Gb 12,12-13; Sir 5,1-13). Gesù stesso dice: “Ecco io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe” (Mt 10,16).

Codex Purpureus Rossanensis, Le vergini stolte e le vergini sagge (miniatura), Rossano (CS), sec. VI
Il Maestro ci manda quindi tra i lupi raccomandandoci prudenza e semplicità, non dice di starcene al riparo, al sicuro, di evitare, ma piuttosto di coinvolgerci con maturità e consapevolezza. La Prudenza si presenta, dunque, come “criterio del nostro agire” che ci fa “decidere in modo illuminato”. Decidere, dunque, non tergiversare, allontanare le responsabilità. Ci fa ricercare e affrontare la verità, pure quando è scomoda, con l’habitus interiore dell’azione finalizzata alla realizzazione del vero bene. Il Card. Martini definiva le virtù “anticipo della vita futura”, che “sulla terra sono un cammino verso la pienezza (…) e, quando le verifichiamo in noi, ci avvertono che ci troviamo nella giusta via per la patria eterna” (Catechesi sulle virtù). E tra le virtù cardinali, la Prudenza è considerata la più importante, il loro “tessuto connettivo” e la loro chiave di realizzazione. Essa, dice San Tommaso d’Acquino, è “cocchiere delle virtù” (CCC, n. 1086), che guida “le altre virtù indicando loro regola e misura”. La vera Prudenza è “retta norma dell’azione” e “retto governo delle nostre azioni”, è un atto di virtù dell’intelletto, e quindi anche quando compiamo atti di temperanza, fortezza o anche di carità, questa virtù fondamentale orienta l’atto al fine giusto. Essa si basa sul discernimento, ossia sulla riflessione alla luce del Vangelo e il buon consiglio dato dallo Spirito. Esso è un dono che “bisogna chiedere” allo Spirito Santo e da coltivare “con la preghiera, la riflessione, la lettura e il buon consiglio”, (Gaudete et exsultate, n. 166).
Interpretando dunque la Prudenza, come la virtù che deriva dal discernimento, si può ben concordare con la scuola di pensiero secondo la quale essa è “una virtù speciale, infusa da Dio nell’intelletto pratico”, che, oltre ad essere la prima tra le virtù umane e cocchiera delle altre, è anche la più contigua a quelle teologali, direttamente infuse da Dio. La prudenza, quindi, aiuta a prendere bene le decisioni, distinguendo il bene dal male, agendo verso il bene e la verità. E’ riflessione sulle azioni, sulle esperienze personali, che induce a chiedere consiglio, ascoltare le opinioni costruttive (non i giudizi interessati, le maldicenze o i commenti malevoli), e a prevedere bene le conseguenze delle azioni su noi stessi e sugli altri. Prudenti, infine, sono quelle decisioni prese non secondo doppiezza, calcolo, viltà, paura, astuzia cattiva, ma secondo il bene e il vero, sapendo riconoscere “cosa conta veramente nella vita” (Benedetto XVI, Omelia del 12.9.2009).
Nella prossima puntata rifletteremo insieme sulla virtù della giustizia, non mancate!
Congratulazioni.
"Mi piace""Mi piace"
Per i mali che ci vengono dal Cielo, il rimedio è la pazienza; per quelli che ci vengono dalla terra, è la prudenza.
(Baltasar Gracián y Morales)
La frase di chiusura sul saper scegliere ciò che conta davvero nella vita è un insegnamento importante, peccato che spesso l’uomo posto davanti alla scelta, rivolga sempre sempre la sua attenzione a ciò che è più conveniente …
"Mi piace""Mi piace"
La prudenza…. Forse la virtù più virtuosa, non un gioco di parole, ma un voler sottolineare quanto l’essere prudente orienti l’esistenza umana spesso in maniera assolutamente determinante e forse preclusiva…………
"Mi piace""Mi piace"