Dal vangelo secondo Luca (Lc 23, 35-43)
In quel tempo, dopo che ebbero crocifisso Gesù, il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Breve commento
Il bellissimo inno liturgico attribuito al poeta latino Venanzio Fortunato (530-607), intitolato Vexilla Regis, canta la bellezza del mistero della Croce, definita “vessillo del Re”. Tra le parole più espressive di questo componimento, ci sono quelle che affermano: “Regnavit a ligno Deus. […] Arbor decora et fulgida, ornata Regis purpura, electa digno stipite tam sancta membra tangere” (Dio regnò dal legno della croce. […] Albero bello e splendente, imporporato con il sangue del Re, scelto a toccare con il degno tronco così sante membra). Con le parole di questo antico inno possiamo introdurre il commento al brano evangelico di questa Solennità di Cristo Re (vedi scheda sulla Solennità), il cui trono regale non è fatto di porpora e metalli preziosi, ma è il nudo legno della Croce, luogo della sua suprema esaltazione. La regalità di Gesù, infatti, non ha niente a che vedere con la potenza dei sovrani e dei principi di questo mondo, ma al di là di ogni umana considerazione, si manifesta nel dono supremo della sua vita per l’umanità. Gesù lo aveva profeticamente preannunciato: “Io, quando sarò elevato daterra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Ed è proprio in questa scena della Crocifissione, con lo sguardo rivolto al Trono glorioso del Re, che ciascuno di noi può ritrovare la sua posizione.
Luca presenta la narrazione della Passione come un grande dramma, in cui ciascuno è chiamato a riscoprire il proprio ruolo. Chi siamo? Il popolo che affascinato dalla regalità di Gesù quando entrava a Gerusalemme, ora sta a guardare senza prendere una posizione, attonito e dubbioso? I capi del popolo che lo scherniscono, perché non risponde agli schemi della religiosità di cui sono prigionieri? I soldati, che pur ripetendo in maniera ignara la verità del suo essere “Re dei Giudei“, scritto anche sul Titolo, in realtà hanno il cuore lontano dall’adesione di fede a tale realtà? Uno dei ladroni? Quello che anche prima dell’ultimo respiro ha il cuore ancora duro e impenitente, oppure quello che, all’estremo della sua vita, mentre riconosce i suoi peccati, è capace di scorgere nell’uomo Crocifisso il Re dei Re, tanto da invocare da lui la misericordia, accostandosi al trono della grazia? La lettera agli Ebrei ci invita a seguirne l’esempio, quando dice: “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno” (Eb 4,12). La figura del “buon ladrone”, ammesso in Paradiso, nella stanza del Re, ci ricorda la sfida della nostra fede: saper riconoscere la grandezza e la regalità di Gesù nei segni nascosti e umili che ogni giorno pone sul nostro cammino. San Giovanni Crisostomo, rivolgendosi a lui, dice: “Che cosa strana, inaudita! La croce è sotto i tuoi occhi e tu parli di regalità?!Che cosa vedi che ti possa far ricordare la dignità regale? Un uomo crocifisso, contuso dagli schiaffi, schiacciato dalle beffe e dalle accuse, coperto dagli sputi, lacerato dai flagelli: è da questi segni che tu riconosci un re?” (Sermo in Genesim).
Bene-dire (a cura di don Francesco Diano)
Nessuno costrinse il ladrone, nessuno lo forzò, ma lui stesso disse all’altro: Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, ma lui non ha fatto nulla di male (Lc 23,40-41). E poi dice: Ricordati di me, nel tuo regno (Lc 23,42). Non ha osato dire: Ricordati di me, nel tuo regno prima di aver deposto attraverso la confessione il fardello dei suoi peccati. Vedi, cristiano, qual è il potere del riconoscimento del proprio peccato? Ha confessato di essere peccatore e ha aperto il paradiso; ha confessato e ha trovato il coraggio di chiedere il paradiso dopo tutti i suoi latrocini. Vedi quanti beni ci procura la croce? Pensi al regno? Che cosa vedi che gli sia simile? Vedi i chiodi e la croce, ma proprio questa croce, dice la Scrittura, è simbolo del regno. Per questo, quando vedo Gesù crocifisso, lo proclamo re. E proprio di un re morire per i suoi sudditi. Egli stesso ha detto: Il buon pastore dà la sua vita per le pecore (Gv 10,11). Anche un buon re dà la sua vita per i suoi sudditi. Io lo proclamo re perché ha dato la sua vita. Ricordati di me, nel tuo regno. Vedi come la croce è simbolo del regno? Desideri un’altra prova? Il Signore non ha lasciato la sua croce sulla terra, ma l’ha presa e portata con sé in cielo. Come lo sappiamo? Perché l’avrà con sé quando ritornerà nella sua gloria. Impara quanto è degna di venerazione la croce che egli ha chiamato sua gloria […] Quando il Figlio dell’uomo verrà, il sole si oscurerà e la luna perderà il suo splendore (Mt 24,29). Il suo splendore sarà tale da oscurare anche gli astri più luminosi. Allora anche le stelle cadranno, allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo (Mt 24,29-30). Vedi quant’è potente il segno della croce! […] Quando un re entra in una città, i soldati lo precedono portando sulle loro spalle gli stendardi e annunciando il suo arrivo. Così quando il Signore discenderà dai cieli, lo precederà una schiera di angeli portando sulle loro spalle il segno della croce e annunciando la venuta del nostro re
(GIOVANNI CRISOSTOMO, Sulla croce e sul ladrone 1,3-4, PG 49,403-404).
Preghiera
Troppe volte, Signore Gesù,
abbiamo rivolto il nostro cuore ad altri sovrani,
ai vari dominatori del mondo.
Troppe volte, dominati dall’ansia del futuro
e dall’angoscia del pericolo,
ci rivolgiamo ad altri «re».
Solo l’amore e la fiducia che ne deriva
liberano l’uomo dalla fobia
e dalla tirannia della sua presunzione.
Oggi, Signore, ci inviti ad alzare il capo
e a guardare nel tuo futuro.
Tu, Re di misericordia,
ricordati di noi nel tuo Regno,
facci percepire il palpito del tuo cuore.
Un mondo disgregato dalla diffidenza,
dal dubbio e dallo scetticismo
trova solo in te la salvezza.
Il tuo Regno non è fatto
di splendido isolamento,
ma di profonda solidarietà
con l’umanità redenta.
Il tuo Regno non impone diffidenza,
ma libera, salva, assicura speranza.
Pingback: Commento al Vangelo di domenica 24 Novembre 2019 – don Luciano Labanca | Cerco il Tuo volto
Grazie Caro don Luciano per questa bella riflessione. Buona festa e buona domenica!
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