Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù: Amore che trasforma

Il cuore nella simbologia biblica rappresenta il centro del pensiero, del desiderio, degli affetti, il sacrario più intimo, la sede delle scelte radicali e la fonte delle motivazioni più profonde della vita umana. Già nel libro del Deuteronomio si incontra un forte invito ad orientare totalmente il proprio cuore a Dio: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6, 4-5). La vita spirituale richiede una progressiva purificazione ed elevazione a Dio per raggiungere questa pienezza. L’invito all’amore è pressante in tutto l’Antico Testamento, ma si colloca come risposta umana ad un Amore più grande, quello di Dio per l’umanità. È sempre Lui, infatti a fare il primo passo, a trasfigurare il nostro amore umano ad immagine del suo Amore Divino. Il profeta Osea descrivendo l’atteggiamento di Dio, come risposta alle infedeltà di Israele e di tutta l’umanità, esprime la visceralità del suo amore senza riserve, come quello di una madre le cui viscere (in ebraico rahamim) fremono di compassione e timore davanti al proprio figlio: “Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (Os 11,8). Anche il profeta Isaia usa termini simili: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49,15). Questo cammino di avvicinamento di Dio all’umanità e di trasformazione del cuore dell’uomo, viene annunciato anche dal profeta Ezechiele: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni” (Ez 36, 26-27). Il pieno compimento della Rivelazione dell’Amore di Dio, però, si trova soltanto nel Nuovo Testamento, quando nella pienezza del tempo, “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). L’unione fra le due nature nell’unica persona del Verbo Incarnato è piena, reale, sostanziale, “senza confusione, senza cambiamento, senza divisione, senza separazione” (Cf. Definizione del Concilio di Calcedonia del 451). L’umanità assunta dal Verbo, dunque, è integra, completa e reale, con tutto ciò che essa è e comporta, escluso naturalmente il peccato, che effettivamente non le è connaturale. Proprio questa è la ragione per cui nelle Litanie al Sacro Cuore di Gesù si prega: «Cuore di Gesù, sostanzialmente unito al Verbo di Dio, abbi pietà di noi». Il Cuore di Cristo, dunque, come simbolo del suo amore umano, è intimamente unito alla sua divinità. È un cuore infiammato, come si vede nella iconografia più diffusa, perché corporalmente abitato dall’Amore divino. Nella celebre enciclica Haurietis Aquas del 1956, Pio XII scriveva: “Il Cuore di Gesù Cristo, unito ipostaticamente alla Persona divina del Verbo, dovette indubbiamente palpitare d’amore e di ogni altro affetto sensibile; questi sentimenti, però, erano talmente conformi e consonanti con la volontà umana, ricolma di carità divina, e con lo stesso infinito amore, che il Figlio ha comune con il Padre e con lo Spirito Santo, che mai tra questi tre amori s’interpose alcunché di contrario e discorde» (Haurietis Aquas, n. 2).

Questo Cuore è il simbolo centrale di tutta la Redenzione, il dono più grande fatto da Dio Padre all’umanità attraverso l’offerta del Figlio. Cosa ha mosso il Padre, il Figlio e lo Spirito a colmare l’abisso tra di loro e l’umanità, se non l’Amore? Ci commuove profondamente l’idea che questo Amore, come ci ricorda Sant’Agostino, si “confonda” con Dio stesso: “quando si giunse all’amore, che è stato chiamato Dio nelle Sacre Scritture, il mistero si chiarì un poco con la trinità dell’amante, dell’amato e dell’amore” (La Trinità, XV, 6,10). Il Cuore di Cristo, quindi, è il luogo teologico e spirituale in cui l’Amore di Dio si fa concreto, reale e visibile per l’uomo. Ogni parola e ogni azione interiore ed esteriore della vita di Gesù è mossa dal fuoco di questo Cuore divino-umano ricolmo d’Amore, sia nella dimensione terrena, sia in quella gloriosa. Tutto si è realizzato per rendere l’uomo partecipe di questo dono, mediante il mistero della Redenzione. Il centro della vita di Gesù, ossia il passaggio pasquale della Passione, Morte e Risurrezione è stato il momento più alto di questo progetto: “In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi” (1Gv 3,16). L’Evangelista Giovanni ci aiuta a contemplare da vicino questo momento, offrendoci un particolare che non si trova negli altri evangelisti: “Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19,33-34). Con il Mistero della Pasqua, questo Cuore di Cristo diviene un Cuore trafitto, aperto per l’umanità intera, da cui scaturiscono per noi doni preziosi da accogliere e vivere. Meditando su questi simboli, San Giovanni Crisostomo afferma: “Ho detto che quell’acqua e quel sangue sono simbolo del battesimo e dell’Eucaristia. Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti, da questo bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo per mezzo del Battesimo e dell’Eucaristia. E i simboli del Battesimo e dell’Eucaristia sono usciti dal costato” (Catechesi III, 15-16).

La contemplazione del Cuore amoroso di Cristo porta con sé anche un invito a configurarsi ad esso e ad imitarne le virtù. Gesù stesso, nel Vangelo di Matteo, invita i suoi discepoli ad andare al suo Cuore e “mettersi alla sua scuola”: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11,28-29). Stare con Gesù, come ci dice anche San Paolo, significa lasciarci trasformare da Lui: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5). Abitati dal Mistero della Trinità, in forza del nostro Battesimo, risanati dalla sua Misericordia senza limiti, nutriti dal suo Corpo e dal suo Sangue, se non poniamo ostacoli con la nostra volontà e il nostro peccato, “veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore” (2Cor 3,18). Così, il Cuore di Cristo, plasma e modella anche i nostri cuori umani e mortali con la potenza del suo Amore, elevando il nostro amore fragile alla sua ampiezza, altezza, lunghezza e profondità (cf. Ef 3, 18). Le parole di Papa Francesco, a questo proposito, non hanno bisogno di commento: “La carità di Cristo, accolta con cuore aperto, ci cambia, ci trasforma, ci rende capaci di amare non secondo la misura umana, sempre limitata, ma secondo la misura di Dio. E qual è la misura di Dio? Senza misura! La misura di Dio è senza misura. Tutto! Tutto! Tutto! Non si può misurare l’amore di Dio: è senza misura! E allora diventiamo capaci di amare anche chi non ci ama: e questo non è facile. Amare chi non ci ama… Non è facile! Perché se noi sappiamo che una persona non ci vuole bene, anche noi siamo portati a non volerle bene. E invece no! Dobbiamo amare anche chi non ci ama! Opporci al male con il bene, di perdonare, di condividere, di accogliere» (Angelus, 22 giugno 2014).      

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...