di don Andrea Giovita

A. Mantegna, Presentazione di Gesù al Tempio, 1455.
La ricorrenza cade il 2 febbraio, esattamente 40 giorni dopo il Natale. È la festa liturgica della Presentazione al Tempio di Gesù, raccontata dal vangelo di Luca (cfr. Lc 2,22-40), e popolarmente detta “Candelora”, perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo luce del mondo come viene chiamato il Bambino Gesù dal vecchio profeta Simeone: “I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. La “Festa delle luci” ebbe origine in Oriente con il nome di “Ipapante”, cioé “Incontro”. Nel secolo VI si estese anche all’Occidente: da Roma, dove aveva carattere più penitenziale, alla Gallia con la solenne benedizione e processione delle candele che ha dato il nome alla festa: “candelora”, appunto. Questa festa chiude le celebrazioni natalizie e con la profezia di Simeone alla Vergine Maria, apre il cammino verso la Pasqua. La Candelora, merita di essere riscoperta in tutte le sue sfumature di significato. La sua storia non procede su un solo sentiero, ma ne imbocca diversi, tutti paralleli e connessi tra loro. Oggi, viene relegata tra le celebrazioni “minori”. Tutto ciò, però, non è che la fine di una storia avvincente, in cui si mescolano l’elemento religioso e i gesti legati alla quotidianità, la luce e le tenebre, il sonno e il risveglio della natura. In Irlanda, in epoca precristiana, si usava festeggiare il periodo dell’anno in cui il freddo invernale era, nello stesso tempo, all’apice e al tramonto. Questa festa prendeva il nome di Imbolc, che significa “nel grembo” e cadeva il primo febbraio, tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera, “spartiacque” tra le due stagioni. Il termine rimanda agli agnelli che nascono proprio in questo periodo e sottintende il senso dell’inverno che “dà alla luce” la primavera. Per tradizione, durante Imbolc, si accendevano candele, annuncio dell’imminente arrivo della luce, proprio perché le giornate cominciavano ad allungarsi e a divenire più tiepide. Nel mondo romano, le calende di febbraio (cioè il primo giorno), era dedicato alla dea Giunone, conosciuta anche con il nome di Februa. Questo appellativo rimandava alla guarigione dalle febbri. La Candelora si sovrappose a questa festa e a quella dei Lupercalia, che cadevano tra il 13 e il 15 febbraio. I Lupercalia avevano un doppio significato: da una parte si trattava di riti purificatori, dall’altro ricordavano il ritrovamento e l’allattamento di Romolo e Remo da parte della Lupa. Fu Papa Gelasio I ad abolire i Lupercalia, sostituendoli con una festività dedicata alla purificazione della Vergine Maria. L’imperatore bizantino Giustiniano spostò la festa al 2 febbraio nel 542. Fin dai tempi del papa Sergio I, la Candelora era celebrata con una processione mariana che, da Sant’Adriano arrivava fino a Santa Maria Maggiore e durante la quale i fedeli camminavano, di notte, con dei ceri accesi che venivano benedetti. Queste candele venivano conservate nelle case per tutto l’anno e potevano essere accese per scongiurare pericoli imminenti o catastrofi naturali. In molte parti d’Italia esiste un proverbio che recita più o meno così: “Madonna della Candelora, dell’inverno semo fora, ma se piove o tira vento, de l’inverno semo ancora ‘rento”. Prima che la Candelora venisse spostata al 2 febbraio, veniva celebrata il 14, ovvero quaranta giorni dopo l’Epifania. Per gli ebrei, infatti, una donna che avesse appena partorito era considerata impura del sangue del parto stesso, lo stesso accadeva nei periodi del ciclo mestruale. Secondo le indicazioni di Levitico 12, 2-6, sia la madre che il bambino dovevano presentarsi al Tempio, l’una per i riti di purificazione, l’altro per essere “riscattato” tramite un’offerta. Negli Stati Uniti la Candelora è conosciuta anche come “Groundhog Day”, cioè “Giorno della Marmotta”: infatti è tradizione, dal 1887, trovare e osservare una marmotta nella tana. Se questa esce nel momento in cui le nuvole non permettono alla sua ombra di riflettersi, allora l’inverno finirà presto, in caso contrario la marmotta, spaventata dall’ombra, si rifugerà nella tana, auspicio di altre sei settimane al freddo. In Francia in questo giorno le regine della tavola sono le crêpes, cialde fatte con uova, latte e farina, cucinate in moltissimo modi. Si dice che i francesi le mangiarono per la prima volta a Roma, durante la festa della Candelora, sotto il pontificato di Gelasio I. Fu quest’ultimo, infatti, a offrire ai pellegrini stanchi e affamati i primi impasti di uova e farina. Da allora le crêpes divennero un simbolo di pace e di alleanza. In Sicilia, la Candelora è stata parzialmente assimilata alla luminosissima festa in onore di Sant’Agata dal 3 al 5 febbraio. Oggi, durante la sua festa, Catania si accende sotto il calore delle festose luminarie. Anche in questo caso la luce è un elemento fondamentale, poiché rappresenta la speranza che rinasce. Forse il vero significato della Candelora e il senso di tutta la sua storia sta proprio in questo ventre materno che “dà alla luce”, che “mette al mondo” e difende la vita, destinata a rinascere sempre e accanto alla quale, il buio, il sonno e la morte non sono che brevi preludi a un nuovo risveglio, illuminato dalla luce della speranza.